Da Ravennanotizie.it del 18 settembre 2015

Il consigliere regionale interviene dopo che la conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali ha approvato la proposta di referendum abrogativi sulle norme dello Sblocca Italia in materia di ricerca idrocarburi e offshore
L’assemblea plenaria della Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali, coordinata da Franco Iacop, presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, ha approvato nei giorni scorsi la proposta avanzata da Piero Lacorazza, presidente del Consiglio regionale della Basilicata, di predisporre tre quesiti per sottoporre a referendum abrogativo alcune norme del cosiddetto decreto Sblocca Italia e cosiddetto decreto Sviluppo presentati dal Governo in materia di trivellazioni in mare e che permettono la ricerca degli idrocarburi e le prospezioni offshore.
Un comparto che tocca l’Emilia Romagna in generale e Ravenna in particolare molto da vicino, posto che il solo comparto industriale Oil&gas ravennate conta oltre 7500 lavoratori.

Lacorazza, all’indomani del voto, aveva dichiarato: “L’obiettivo non è quello di un conflitto con il governo nazionale, ma la rilevante necessità di mettere in mano anche alle Regioni e ai territori la possibilità di decidere per il destino dei cittadini che rappresentano. Questo è il cuore della questione, tant’è che si ragiona su quesiti che andrebbero ad abrogare parte dell’art 35 del Decreto Sviluppo (trivelle in mare) del governo Monti; e dell’articolo 38 non si propone l’abrogazione totale, ma modifiche – ha concluso Lacorazza – che vadano a incidere nella direzione di restituire un po’ di potere alle Regioni e agli enti locali”.

A questo proposito Gianni Bessi, consigliere regionale Pd dell’Emilia-Romagna, ha inviato al presidente lucano, una lettera aperta già ripresa anche da Il Sole 24 Ore. La riportiamo di seguito.

Egregio presidente Piero Lacorazza,
Mi chiamo Gianni Bessi e sono consigliere regionale Pd dell’Emilia-Romagna, eletto nella Provincia di Ravenna.

La ringrazio delle comunicazioni che ha avuto la cortesia di inviarmi.

Credo molto che il punto di partenza per una posizione equilibrata e coerente in questo periodo di transizione energetica – ad ogni livello amministrativo – sia la proposta di nuova strategia europea che abbia l’ambizione di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico con la produzione locale di energia puntando sia sulle rinnovabili sia sulla ‘produzione sostenibile di combustibili fossili’, gas metano in primis. Il terzo pilastro è sempre ad ogni livello amministrativo il potenziamento della sicurezza, dell’efficienza e del risparmio energetico soprattutto quella legata al settore edilizio e ai trasporti.

La politica del governo Renzi proposta dallo “sblocca Italia” va in questa giusta direzione.

L’Emilia-Romagna, e in particolare Ravenna, come sa, possiede un importante distretto Oil&gas e un indotto nell’impiantistica industriale strumentale ai primi posti nel mondo che dà lavoro a migliaia di persone (oltre 20 mila, fonte Rie). Comprende bene, quindi, quanto peserebbe il blocco delle attività di estrazione che da decenni si svolgono in Adriatico.

Perché se è vero che la Basilicata è il polo nazionale dell’onshore, la mia regione è il polo dell’offshore nell’Adriatico. E nel distretto emiliano-romagnolo, lavoro, ambiente, sviluppo, agricoltura, pesca, cultura e turismo da sempre riescono a convivere perfettamente.

È per questo che appoggio e sostengo pubblicamente i lavoratori dell’indotto petrolifero di Eni che hanno manifestato pacificamente – pochi giorni fa – per le strade di Potenza, per sottolineare quanto le polemiche sull’estrazioni e i ritardi burocratici stiano rallentando gli investimenti delle compagnie petrolifere e, di conseguenza, incidendo in modo negativo sia sullo sviluppo delle aziende sia sull’occupazione.

Chi sostiene che serve puntare su un’idea forte di sviluppo industriale nazionale – come anch’io ho sostenuto con questo intervento – che contempli anche i settori energetico e chimico, viene spesso catalogato come fiancheggiatore delle ‘multinazionali’. Allora per me è venuto il momento di dire no! Perché sto con le persone che lavorano in queste attività in qualsiasi zona d’Italia, sto con chi produce ricchezza, sto con chi contribuisce a mantenere alta la qualità della vita del nostro Paese.

Quindi è necessario riflettere se sia corretto dire “no a tutto” in maniera indiscriminata quando si discute di estrazioni in mare, perché metterebbe a rischio il nostro indotto nazionale.

Anche da noi in Emilia-Romagna questa situazione di stallo mette a rischio aziende e molti posti di lavoro: è evidente che molto spesso prevalgono le logiche del Nimby e del Nimto, ispirate spesso da facili strumentalizzazioni e scarsa conoscenza del settore.

Infatti succede che le risorse energetiche fossili che si trovano all’estero – come la recente scoperta da parte di Eni di un grande giacimento in Egitto insegna – vanno bene e vanno sfruttate, mentre quelle, per altro ingenti, che abbiano in Italia vengono demonizzate. Due pesi e due misure che non fanno bene né alla nostra bilancia dei pagamenti né ai nostri territori, che stanno perdendo opportunità di creare ricchezza e occupazione.

Senza dimenticare l’altissimo livello tecnologico e del know how dei lavoratori impiegati da questo settore e che rischia di andare perduto.

E per quanti avanzano come argomento la necessità di dare priorità alla sicurezza, va sottolineato quanto affermato in un incontro all’Omc di Ravenna dello scorso marzo dal Direttore generale per le Risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello Sviluppo Economico, Franco Terlizzese: «i nostri impianti sono tra i più sicuri al mondo». L’Italia ha normative tra le più stringenti in Europa e possiede competenze di alto livello nel campo dei monitoraggi.

Infine, vorrei ricordare che la prima piattaforma in Adriatico, la Ravenna 1, risale al 1960, ma ciò non ha impedito alla città di diventare Capitale italiana della cultura – dopo essere stata tra i competitori per il titolo di Capitale europea della Cultura 2019 – meritatamente conquistato dalla vostra Matera – di mantenere ben 8 siti Unesco, di avere un settore turistico che cresce parallelamente all’industria, con una riviera straordinaria, ma sempre nel rispetto dell’ambiente e del territorio.

Caro Presidente, per concludere, è vero che le esigenze e le rivendicazioni dei territori sono sacrosante, ma sempre mantenendo una visione di insieme: perché la nostra esigenza più stringente, oggi, come Lei sa bene, è di costruire una crescita solida per tutto il Paese.

 

Cordiali saluti.
Gianni Bessi