Due giornate per parlare di investimenti, competenze e conoscenze che il nostro Paese produce

PRIMO GIORNO. Upstream.
Ieri, nella sala dantesca della biblioteca Classense, il capo delle operazioni mondiali upstream di Eni, Antonio Vella, il capo Europa dell’upstream, Carlo Russo, il responsabile di Ricerca e Innovazione tecnologica, Giuseppe Tannoia, il capodistretto Paolo Carnevale, l’ing Franco Magnani, esperto di decommissioning e oltre venti dei principali dirigenti di Eni, hanno presentato il piano degli investimenti upstream 2017-2020. La stessa presentazione che è stata fatta agli stakeholder internazionali e nelle piazze finanziarie mondiali da Londra a New York.
Questo dà l’idea della diversa strategia che Eni vuole mettere in campo coinvolgendo i territori e gli stakeholder italiani. Ed è un’idea che parte da Ravenna. Insieme al sindaco, Michele de Pascale, alle tante imprese dell’oil&gas, ai sindacati, alle istituzioni, i vertici di Eni hanno presentato nel dettaglio non “un piano”, ma “il piano”, che prevede 2 miliardi di euro in progetti offshore nel distretto dell’area di Ravenna. Il piano è una conferma e una ripresa degli investimenti. Testimonia, e ne sono contento, che l’upstream è ancora oggi un fattore chiave di crescita per l’economia locale e nazionale. L’obiettivo è puntare sulla produzione di gas italiano e tornare ai valori produttivi di dieci anni fa. In questa strategia il gas riveste un ruolo fondamentale perché rappresenta il miglior partner possibile per le rinnovabili nella transizione verso un futuro di energia sostenibile a basso contenuto di CO2.
L’Adriatico è strategico in quanto, grazie alle infrastrutture e a un indotto di alto livello, è possibile produrre gas in modo competitivo e sostenibile.
Quello che abbiamo fatto a Ravenna e in Emilia Romagna è un esempio per tante realtà. Perché il dialogo consente di lavorare in condizioni di sicurezza, tutelare l’ambiente e lo sviluppo. Le chiusure (anche quelle mentali) porteranno gli investimenti sempre più lontano dall’Italia.
Insomma, come è già emerso all’ Omc, il nuovo paradigma che ci deve guidare è sempre LAVORARE INSIEME PER LAVORARE TUTTI.

SECONDO GIORNO. Chimica
Sono proseguiti ieri gli incontri con Eni per affrontare il futuro degli stabilimenti di Versalis. L’amministratore delegato Daniele Ferrari, insieme al direttore B.U. Elastomeri Marco Chiappani, hanno confermato di voler portare a Ravenna, cuore nevralgico e di interscambio del sistema, nuove frontiere di ricerca e di voler creare adeguamenti e nuove linee produttive.
Ferrari ha anche annunciato una nuova linea di finitura per gli elastomeri, per il riciclo della gomma da pneumatici. Si potrebbe concretizzare, entro un paio di anni, un investimento di circa 100 milioni di euro per la produzione di gomme di alta qualità.
Si comincerà a testare il mercato dell’alta gamma delle gomme utilizzando gli impianti esistenti ma concentrando su Ravenna lo sviluppo di dieci progetti messi a punto dal centro ricerche. La relazione della responsabile R&D Maria Elisa Pattuelli ha confermato questo asset fondamentale che vede Ravenna come il centro d’eccellenza.
Lo stabilimento ravennate conta 710 dipendenti e 280 lavoratori dell’indotto. Paolo Baldrati, direttore dello stabilimento ravennate, ha sottolineato che vengono usate tecnologie avanzate e modalità operative che consentono di operare vicino ad un’area di grande pregio ambientale, senza registrare infortuni sul lavoro.
L’Italia è la seconda potenza manifatturiera d’Europa e l’industria chimica è strategica perché ha un ruolo imprescindibile nella creazione di soluzioni tecnologiche in grado di affrontare le sfide dello sviluppo sostenibile e fornisce composti con forti contenuti innovativi a tutta l’industria manifatturiera.
E offre alle nuove generazioni posti di lavoro qualificati, soprattutto ai giovani che escono dai nostri Istituti Tecnici Industriali.
Vale la pena ricordare che la chimica italiana non solo è una delle attività trainanti ma è anche uno dei settori che genera i risultati più significativi dal punto di vista della ricerca (e dei brevetti).
Il valore della produzione è di 54,3 miliardi di euro, pari al 10 per cento della produzione totale europea
Una produzione generata non solo dai grandi gruppi ma anche da tante piccole e medie imprese.
La diffusione dell’attività di ricerca e sviluppo nel settore chimico – secondo i dati dello scorso anno – è doppia (48 per cento) rispetto a quella dell’industria manifatturiera (23 per cento); ed è persino superiore a quella sviluppata dal settore dell’alta tecnologia (44 per cento).
Durante la vicenda SK Capital ci siamo chiesti più volte come pensare ad una chimica in Italia senza Eni.
Perché non pensare di rafforzare il ruolo pubblico negli investimenti di ricerca e sviluppo?
Qualche proposta l’avevo già fatta pubblicamente e la rilancio. Per esempio si potrebbe pensare ad un ruolo attivo della Cassa Depositi e Prestiti in Versalis. Non certo con la logica di ritornare all’archiviata Iri ma con l’idea di finanziare, per esempio con il Fsi, le attività che possono generare potenzialità d’investimento per l’altissima qualità di ricerca e sviluppo e dei brevetti che la chimica italiana e Versalis storicamente possiedono.
Dunque rinnovare, diversificare e produrre. Credo che solo così possiamo guardare al futuro con più serenità. Perché serve lavorare insieme per lavorare tutti.