Sottosopra, inziativa ravennate aperta ai giovani con lo scopo di rendergli accessibile il mondo reale, quello dove le decisioni influenti vengono prese in concreto e dove la propaganda cede il passo all’operatività, viene accolta mercoledi 29 novembre dall’ex ministro per l’agricoltura Paolo De Castro; ad ospitare questo – forse unico nel suo genere – momento è la sede del Parlamento europeo a Bruxelles.

De Castro si spoglia con piacere e naturalezza del ruolo di parlamentare europeo, volendosi rivolgere ai ragazzi del “Sottosopra” a sua volta. Vestendo i panni da insegnante – come lungamente è stato nel settore della ricerca agraria – si addentra nei meandri del tema geopolitico del cibo dichiarando apertamente di voler incuriosire e far ragionare su questo grande cardine. L’incipit è piuttosto forte: “il cibo non è solo un tema cult per lo spazio sulle televisioni commerciali… è una faccenda di sicurezza nazionale, ed in realtà ben oltre!”. Prosegue illustrando come le politiche agroalimentari dei paesi occidentali, ed in particolare europei, siano frutto di una stagione di grande abbondanza – quella tra gli anni ’70 e ’80 – ed i sistemi statali hanno dovuto dotarsi di strategie per gestire produzioni sovrabbondanti. Il problema era smaltire surplus e per questo sono stati avviati programmi di incentivo alla non produzione sia in Europa che anche negli USA.

Come spesso accade tuttavia, la situazione è cambiata in maniera repentina, e non è dovuta a carestie o fenomeni “caldi”, ma allo squilibrio tra domanda ed offerta e da un cambiamento culturale. L’Asia, ha cominciato ad occidentalizzarsi prima dal punto di vista delle abitudini alimentari che nelle prospettive sociali e valoriali, modificando potentemente e rapidamente la propria dieta. Da fine secolo ad oggi la domanda ha cominciato ad aumentare rispetto all’offerta e ancora le politiche agroalimentari non hanno incorporato a pieno questo cambiamento di paradigma. Ricorda De Castro: “siamo ancora lontani dai consumi occidentali di 100kg di carne pro capite annui, ma il passaggio dai 20 kg agli attuali 50 kg è tale da rendere la questione assai problematica, moltiplicando in modo geometrico la domanda di prodotti agricoli, necessari per alimentare il bestiame”. Trasversalmente a qualunque caratteristica sociale si può infatti individuare in ogni epoca: più ricchezza determina un minor consumo di amido ed un incremento dei consumi di prodotti zootecnici.

De Castro prosegue tentando di far ragionare i ragazzi su dati concreti (e in periodo di epidemie di fake news l’oggettività è un dovere morale): “quando capita in Cina ed in India – sottolinea – cioè a 2 miliardi di abitanti, la faccenda si complica. L’intera produzione di soia del Brasile, che era di fatto a servizio della domanda europea, ora se ne va tutta in Cina. Oramai questi prodotti agricoli non bastano più. È cominciata una vera e propria caccia alla terra, una corsa al suolo”. Un altro punto sul quale insiste è che il problema che si pone oggi è di carattere profondamente diverso, e per certi versi più gestibile, di quello che si pone in prospettiva. Oggi sarebbe disponibile cibo per soddisfare la domanda mondiale, ed il problema è la distribuzione; in prospettiva no! Se i cinesi – osserva De Castro – mangiassero come gli europei servirebbero 3 pianeti. Il capitolo food security in Cina non ha caso è di competenza del ministro della difesa… La preoccupazione è la ricerca delle risorse naturali per soddisfare questa domanda di cibo (in prospettiva) e per questo la Cina va letteramente a caccia di terra. Tant’è che l’Africa, unico continente ancora da coltivare, vede oltre 80 milioni di ettari (uno pari a cinque volte l’Italia) sotto il controllo cinese, determinando una pressione fortissima sulle risorse naturali. Il problema della sostenibilità si impone quindi come mai prima d’ora. L’ambiente è una questione economica: è un obbligo perché dobbiamo essere capaci di produrre su una terra che rimanga fertile, l’etica e la necessità convergono potentemente: una terra “sana” ci serve per poter continuare a nutrircene. Nota ancora De Castro: “la produttività infatti sembra statisticamente ai suoi vertici massimi, la ricerca e l’innovazione potrebbero dare delle risposte ma anche se tutto può succedere oggi va ricercato il come, con meno chimica e meno acqua. E farlo in concreto è ancora un grande problema – ed prosegue provocando i ragazzi: come regoliamo l’accesso alla terra?”

Le questioni che si aprono sono molte: si può gestire una politica globale del cibo e del suolo? L’Europa e il nord America devono domandarsi se non sia necessario tornare ad investire in agricoltura?

Certo è che il tema della sicurezza alimentare e della disponibilità di cibo – specialmente in prospettiva – non può essere risolto o affrontato da un solo paese. Uno dei temi particolarmente sentito oggi – e che è valso all’Italia l’onore e l’opportunità di ospitare l’EXPO – è quello dello spreco di cibo, non solo per un fatto etico ma economico, ed è bene tenere a mente che non c’è etica senza sostenibilità. Nel mondo si sprecano milioni di tonnellate di cibo ed il dramma è che i paesi in via di sviluppo e quelli poveri, per assenza di catena del freddo, sprecano estremamente più del nord del mondo.

Oggi come sempre nella storia i focolai di guerra sono legati – almeno in prospettiva – alle risorse naturali: acqua e suolo. La primavera araba è stata determinata da un incremento del prezzo del grano e quindi del pane in conseguenza di un dazio protezionista a vantaggio del mercato russo.

De Castro dopo questa sintetica introduzione alla questione offre ai giovani appassionati di geopolitica la possibilità di confrontarsi con lui da maestro esortandoli: “il problema non è la risposta ma fare le domande giuste”.

È Filippo Plazzi ad aprire le danze accogliendo in pieno la lezione; domanda: “come affrontare il tema degli OGM?”. De Castro riconosce l’enormità della domanda, che intercetta la sensibilità di molti paesi europei (17 su 28). La tecnica di miglioramento genetico è sempre esistita e le clementine non esisterebbero senza Don Clemente che ha incrociato arance e mandarini. La differenza rispetto a queste modalità più usuali è il miglioramento genetico tramite ricombinamento, per trasferire caratteristiche peculiari tra specie in maniera “biohightech”. L’Europa ha scelto di limitare o comunque non far dilagare questa opzione, il 99% della soia è importata e quindi OGM – ricorda De Castro. Le nuove biotecnologie possono mettere in atto miglioramento genetici senza spostare geni e queste tecniche nbt producono miglioramento analogo a quello ottenibile “naturalmente”. Se la Corte dovesse definire queste come non OGM potrebbe esserci un atteggiamento più favorevole dell’opinione pubblica. E la politica non può restare indifferente all’opinione pubblica.

Ad incalzare appena terminata la risposta è Agnese Venturini che nota una sproporzione tra l’attenzione apparente al tema dello spreco e le pratiche concrete per ovviare al problema. De Castro osserva come potrebbe rivelarsi utile una legge comunitaria che induca una maggiore attenzione al problema, e ricorda tra i primi il settore lattiero caseario, che in alcuni paesi è stato regolamentato con una doppia scadenza: una legale (sulla vendita) e l’altra sanitaria (sulla consumabilità). Altra tecnica sono gli scaffali con i prodotti in scadenza a 24 ore scontati. La questione è in buona parte un fatto culturale, siamo stati allevati nell’abbondanza e rispetto alle generazioni che hanno visto la guerra e conosciuto la fame rimaniamo meno accorti. Prosegue De Castro ribadendo che su scala globale resta il tema degli investimenti in infrastrutture ed in catena del freddo. Quello che si spreca ha avuto bisogno di tanta acqua e terra per essere prodotto. L’Italia ha anticipato la lotta allo spreco di suolo (con leggi urbanistiche). La crisi economica ha in parte contribuito ad accrescere la sensibilità sul tema, ma non deve essere la crisi a suscitare le coscienze, occorre anticipare i problemi per prevenirli. Quello che non fanno le norme – teme De Castro – lo farà il mercato. La FAO stima nel 2020 il 70% di incremento della domanda alimentare, ma la pressione economica provoca tensione e per questo occorre tentare di anticiparle globalmente. Per questo le quote di produzione dei paesi comunitari stanno venendo smantellate a buon ritmo: sono tutte manovre figlie di un’abbondanza ormai alle spalle. La produzione non viene più contenuta ed anzi l’Europa esporta primariamente agroalimentare, per questo i mercati devono seguire logiche di reciprocità.

La domanda seguente, avanzata da Simone Castagnini offre l’occasione per delineare un quadro chiaro della situazione geopolitica attuale; domandando infatti se la situazione restasse quella attuale ci si potrebbe trovare ad uno stallo tale da determinare difficoltà di approvvigionamento alimentare, la risposta è secca: “siamo già a questo punto”. Considera infatti De Castro che i prezzi esplodono spesso repentinamente a causa della pressione di domanda divenendo concausa delle pressioni migratorie di cui il sud dell’Europa è ben a conoscenza. I problemi li risolve il mercato che comincerà a far salire i prezzi a meno di impulsi tecnologici. Oggi investire in ricerca e sviluppo è un dovere etico e politico, e bisogna smantellare al più presto i retaggi delle stagioni dell’abbondanza vicine nel tempo, ma lontanissime dagli scenari reali attuali. La densità nel mondo varia molto, il problema cruciale sono le abitudini di consumo. Il mercato non può essere l’unico criterio di gestione del suolo. Occorre incrementare le produttività nei paesi in via di sviluppo (per questo De Castro ribadisce costantemente l’importanza dell’istruzione e della ricerca), e questo è tra gli obiettivi dell’Onu. Occorre attenzione allora squilibrio che sta covando sotto la cenere e che è responsabile di molti dei focolai di carestia che vediamo e di cui viviamo gli effetti.