Pubblicato su Start Magazine del 13 aprile 2018

di Sebastiano Torrini

Fatti, commenti e scenari sul gasdotto turco.

I lavori di Turkish Stream proseguono nel rispetto del programma approvato e la quasi totalità delle necessarie autorizzazioni sono già state oggetto di accordo. La nave che sta posando il tubo sul letto del Mar Nero, la Pioneering Spirit, sta procedendo al ritmo sostenuto di 4,5 km al giorno e secondo il numero uno di Gazprom, Alexey Miller, mantenendo questa velocità dovrebbe certamente mantenere le scadenze fissate. Occorrerà quindi realizzare il terminale di ricezione – per il quale i lavori sono già iniziati a cura della società appaltatrice Petrofac – poi, nel 2019, Ankara sarà pronta a ricevere i primi 15,75 miliardi di metri cubi l’anno di gas russo.

TURKISH STREAM, UN PROBLEMA PER LE REGOLE EUROPEE?

Attualmente il paese riceve il combustibile russo attraverso Ucraina, Romania e Bulgaria mentre con il Turkish Stream i rapporti si dovrebbero invertire: il secondo tratto, che correrà parallelo alla prima linea di sealine, dovrebbe essere completato anch’esso il prossimo anno, servirà a fornire gas – altri 15,75 miliardi di metri cubi l’anno – ai paesi dell’Europa del sud e del sud-est attraverso un percorso – non ancora determinato esattamente – che potrebbe passare per Grecia, Bulgaria, Serbia, Ungheria, forse Romania, fino all’Austria e all’Italia probabilmente. Molto dipenderà dalla volontà dell’Europa che in passato ha bloccato il South Stream e dai problemi legati a ogni singolo paese attraversato che pure devono rimodernare i loro parchi centrali quasi tutti a carbone o lignite. “Si parla e si scrive molto del raddoppio del North Stream e delle decisioni future Ue, ma ci stiamo formando l’opinione che la Commissione Europea debba prendere prima una decisione in merito alla seconda linea del gasdotto TurkStream in via di costruzione – ha detto a StartMag Gianni Bessi consigliere Pd nella Regione Emilia Romagna ed esperto di energia e geopolitica legata alle questioni energetiche –. In sostanza, se formalizzassero una joint venture per realizzare questo secondo segmento all’interno dell’Ue in maniera formalmente indipendente da Gazprom, le nazioni interessate potrebbero, come sembra, attingere la loro quota di gas russo dalla nuova infrastruttura senza violare alcun regolamento comunitario?”.

SERBIA, UNGHERIA, BULGARIA E ROMANIA PRONTI A SCONTRARSI CON LE DIRETTIVE UE

Recentemente le agenzie hanno battuto la notizia che l’Ungheria ha firmato accordi con Gazprom per assicurarsi l’approvvigionamento di gas, per stare dalla parte del sicuro nella corsa all’oro azzurro dei prossimi anni. E la stessa mossa l’hanno fatta i Paesi confinanti: il ministro dell’Energia Bulgaro ha incontrato il CEO di Gazprom nel tentativo di recuperare le quote di gas originariamente previste dal South Stream, mentre la Romania ha chiesto garanzie alla Russia sui rifornimenti nonostante le intense campagne attivate per recuperarne dai giacimenti off shore con la messa in produzione delle concessioni Exxon e OMV/Petrom. “Gli interconnettori previsti o in fase di realizzazione garantirebbero il flusso verso gli Stati membri dell’area balcanica e accordi in tal senso sono già stati siglati da Gazprom con Serbia, Ungheria, Bulgaria e Romania – ricorda infatti Bessi –. L’alternativa è che Putin, sempre veloce nelle scelte di geopolitica, caratteristica a cui aggiunge uno spiccato senso mediatico, possa realizzare, senza alcuna garanzia, una pipeline fino al confine dell’Ue lasciando che sia lo stesso interesse degli stati limitrofi a scontrarsi con le direttive comunitarie”.

UCRAINA BYPASSATA PER ENTRARE NEL CUORE DELL’EUROPA DALLA PORTA DI SERVIZIO

La lunghezza del segmento offshore di Turkish Stream è di circa 930 chilometri, mentre la parte terrestre sul territorio turco sarà di 180 chilometri. La prima linea, come detto, sarà destinata al mercato turco, la seconda dedicata alla fornitura di gas ai paesi dell’Europa meridionale e sudorientale. Ma la questione fondamentale è rappresentata dal fatto che questo nuovo gasdotto potrebbe, anzi sarà sicuramente, un duro colpo per l’Ucraina che rischia di essere bypassata a settentrione dal Nord Stream 2 e nel meridione proprio dal Turkish Stream perdendo importanti diritti di transito che negli ultimi anni sono valsi più o meno 3 miliardi di dollari. “Il Turkstream porterà attraverso il Mar Nero il gas a Istanbul dove, con la prima linea realizzata, potrà soddisfare la crescita industriale interna e con la seconda l’export, mediante la prossima realizzazione di una stazione di liquefazione gas che si salderà al Tap. In tal senso Gazprom, Edison e DEPA hanno già firmato un memorandum d’intesa per quanto riguarda la definizione di una rotta meridionale per fornire gas naturale russo verso l’Europa attraverso paesi terzi alla Grecia e dalla Grecia all’Italia. La formulazione del suddetto memorandum fornisce un’indicazione molto chiara in merito alle prospettive per il percorso sud della seconda linea di TurkStream laddove recita che Gazprom e suoi partner-Edison e DEPA ‘si sono impegnati a sfruttare il lavoro svolto da Edison e DEPA nell’ambito del progetto ITGI Poseidon nella massima misura possibile’. Inoltre, nel 2007, su richiesta del governo italiano, fu concessa ad ITGI Poseidon da parte della Commissione europea un’esenzione di quota di accesso gas di 8 bcm all’anno (di cui Edison ha 6,4 bcm e la greca DEPA 1.6 bcm) per un periodo di 25 anni. Il Tap è parte del corridoio sud del gas, uno dei progetti energetici prioritari per l’Unione europea – il metanodotto che convoglia il gas dall’Azerbaigian in Turchia, Grecia, Albania e Italia – spiega Bessi –. Grazie al breve tratto di territorio turco attraversato, la compagnia petrolifera turca Botas diventerà il vettore del Turkstream che trasporta il gas consentendo di sfuggire alle regole in vigore nei confronti delle esportazioni europee del colosso energetico russo. Questo è l’escamotage trovato”.

UN AIUTO AI RUSSI DA NAZIONALISTI E POPULISTI

Salta all’occhio però, anche un altro aspetto forse meno evidente che riguarda le derive autoritarie o comunque la forte ascesa di formazioni populiste in molti dei paesi europei interessati dal transito della pipeline. Turchia a parte, la deriva nazionalista avviata da Viktor Orban in Ungheria ha trovato da anni un solido alleato nella Polonia di Jaroslaw Kaczynski. Attorno a Ungheria e Polonia si è consolidata la convinzione – ribadita dallo stesso Orban che ha trionfato nelle recenti elezioni, che “le democrazie occidentali sono ormai fallite”, e che “l’Unione europea deve essere un’unione di patrie” e gli Stati uniti d’Europa “sono una follia”. In un mix di sovranismo, e lotta contro i flussi migratori.  Ma il populismo o comunque lo si voglia chiamare, sta lentamente facendo presa: delusa dall’Ue che le ha impedito , senza contropartita alcuna, che la realizzazione del gasdotto South Stream la ponesse al centro delle nuove rotte del gas, salvo poi approvare su pressione della supercancelliera Merkel il raddoppio del gasdotto Nord Stream, grazie allo stravolgimento interpretativo delle normative comunitarie, in Bulgaria non più tardi di un anno fa ha vinto l’ex premier Boyko Borisov, leader del movimento di centrodestra Gerb. Sulla stessa onda di malcontento ma sono entrati in Parlamento anche i partiti populisti di Patrioti Uniti, coalizione di partiti nazionalisti ed euroscettici che ha raggiunto il 9% e Volia, volontà, progetto populista del controverso imprenditore Veselin Mareshki, ribattezzato “il Donald Trump bulgaro”. E non sono da meno Romania e Serbia: il governo di Bucarest è recentemente entrato in crisi per la decisione dell’uomo forte del paese, Liviu Dragnea, di lasciare in carica la ministra dell’Interno accusata di aver mentito sulle accuse di pedofilia a carico del massimo responsabile della polizia. Dragnea viene considerato un leader che non disdegna slogan nazionalisti e anti-globalsti. Belgrado è stata conquistata qualche mese fa, invece, dal riformatore e filo-europeo Aleksandar Vucic, che ha staccato nettamente Sasa Jankovic e relegato i nazionalisti anti-Ue e anti-Occidente di Vojislav Seselj ad un misero 4,4 per cento. Vucic, però, è un ex ultranazionalista alleato del vecchio presidente Tomislav Nikolic durante la fondazione del Partito Progressista Serbo nel 2008, ed ex ministro nel regime di Milosevic, ora diventato riformatore liberale – filoeuropeista, ma anche vicino a Mosca. Insomma, strada spianata – pare – verso le porte dell’Europa.

RUSSI SEMPRE PIÙ PREPARATI E INTERNAZIONALI NEL SETTORE GAS

Ma come sono riusciti i russi a realizzare tutto ciò? “In Gazprom e Rosneft sta crescendo una generazione di manager molto preparati e internazionali. L’idea di costruzione di una filiera integrata tra i campioni nazionali dell’energia e i contractors è la strategia guida – sottolinea Bessi -. Tra questi contractors ci sono aziende o professionisti anche italiani che vengono coinvolti nel processing tecnico operativo in tutte le fasi. A fianco stanno nascendo anche pmi Russe che riproducono lo stesso modello anche con partner stranieri in una logica identica” il tutto “benedetto dalla Grande Madre patria Russia” con un “Vladimir Putin che non viene quasi citato ma solo evocato…”.