Pubblicato su Start Magazine il 26 giugno 2018

l post di Gianni Bessi sulla prossima quotazione di Aramco, il futuro energetico dell’Arabia Saudita e le contrapposizioni con l’Iran

Aramco e la sua “privatizzazione” del 5% annunciata fin dal 2016 come la più grande quotazione della storia e i miliardi di dollari che muoverà sono argomento di discussione e di forti appetiti. Discussioni nel mondo petrolifero, politico e finanziario.

L’estate scorsa, in una trattoria romagnola, un amico esperto di politiche chimico industriali mi tenne una lezione che ho annotato nel mio personale taccuino. Mi disse di lasciar perdere i gossip sulla famiglia reale o su quale sarà la piazza finanziaria prescelta (da Londra a New York o Shangai) fino alle lotte tra le grandi società di consulenza finanziaria che si contendono le ricche commesse conseguenti.

Il ganglio decisionale era già allora Mohammed Bin Salman (MBS come lo chiamano). Ma il mio amico mi disse che il principe è il frontman che rappresenta una “generazione” nuova. Una generazione di giovani della famiglia Said (e le sue gigantesche ramificazioni) che vogliono vedere e vivere il paese in una prospettiva diversa. Perché quella attuale è in decadenza. Una decadenza culturale.

È su questa parola cerchiata di rosso che mi introduce una serie di nomi protagonisti di questa generazione e del loro progetto. Questo aspetto generazionale all’interno della famiglia Said è stato poco esplorato a livello pubblico e mediatico. Come poco esplorato è il progetto industriale che la “generazione MBS” sta portando avanti per trasformare l’Arabia Saudita in una potenza chimica industriale.

La lezione dell’amico, in quanto chimico che ha lavorato e lavora come consulente da anni nell’area della mezza luna, non poteva che partire dai fondamentali, dalla materia prima. Egli si è dilungato nella sua visione di quanto sia importante implementare tutta la filiera chimico industriale da valle a monte.

Su come facemmo noi negli anni di Mattei si lascia andare con nostalgia. Anche perché le risorse chimico, fisiche e finanziarie non mancano a MBS. Anche l’opzione di portare in borsa il 5% della società petrolifera e finanziare la diversificazione dell’economia di Riad va in questa direzione? Sì se i ricavi possibili della “privatizzazione” saranno re-investiti in Vision 2030 per il rinnovamento dell’economia saudita.

L’amico evidenziava come tutte le fonti che danno risalto alla volontà di non essere più dipendenti dal petrolio e diversificare non completano il quadro della vera rivoluzione di MBS. I problemi sono altri. Intrinseci nelle radici del paese stesso. Nella sua demografia, nella sua costruzione sociale, nella sua storia (centenaria o poco più). C’è il problema storico della incapacità culturale industriale lavorativa quello della ricerca e innovazione scientifica. Si mandano i giovani a studiare all’estero, nel Regno Unito o negli Usa, e  quest’ultimi producono internamente poco o nulla. Senza poi contare l’esclusione femminile nella vita sociale, professionale, scientifica, ecc.

In ambito tecnologico il paese importa tutto. Dipende in tutto o in gran parte dagli Stati Uniti. Il nuovo Regno degli Said può iniziare a diversificare il patrimonio dell’Aramco, può rinvestire il 70% delle entrate in nuovi investimenti, nuovi settori, completando una filiera della petrolchimica o nelle rinnovabili ma così come sono oggi dipenderanno sempre dagli Usa che abilmente somministrano tecnologia e know-how goccia a goccia. E questo anche dopo la visita trionfale di Trump dello scorso anno.

La vera sfida che MBS vuole portare nel nuovo Vision 2030 sarà sul piano culturale? Non solo lo stanno già pianificando ma stanno investendo su nuove risorse umane.

Questa sfida è fondamentale anche per colmare il gap con l’Iran: potenza regionale con una costruzione sociale diversa e con una storia millenaria, con università e scuole che arricchiscono e formano una popolazione giovanile in crescita demografica. Non tutto va quindi sempre visto e analizzato solo sul piano politico, finanziario, militare o “religioso”.

Il problema è in quanto tempo e con quali risorse l’Arabia Saudita riuscirà a colmare questo gap culturale con il rivale regionale?

Un esempio potrebbe venire sempre da un paese dell’area medio-orientale. Il Libano, diverso da molti altri dell’area ma da cui dovremmo prendere esempio anche noi europei e in particolare noi italiani. Conclude così la lezione i mio amico: “Tu che sei un politico vai a vedere la quota percentuale Pil investimenti del sapere del paese dei cedri”.