Pubblicato su StartMagazine.it il 16 novembre 2018

l post di Filippo Onoranti

Ravenna 0700 12-11-18: si parte. Destinazione: il cuore d’Europa. La spedizione è Sottosopra, un gruppo di universitari e alcuni brillantissimi liceali del V anno, uniti dalla curiosità per la geopolitica. In autobus – come si faceva qualche anno fa – il viaggio inizia regalandoci una mezza giornata lontani dalla quotidianità. Pensare, per quanto non sia mainstream, è una figata! “Siamo quasi in Svizzera, occhio coi telefoni”, ci allerta Stefano (l’autista). Una lampadina mi si accende: siamo all’ultima frontiera d’Europa, non uno sconvolgimento ma mezz’ora di dogana e i telefoni che smettono di andare. Nel mezzo delle Alpi siamo fuori dal mondo, in realtà ‘solo’ fuori dall’Europa.

Ci penso. L’ozio forzato mi attorciglia nei pensieri come una notte insonne nelle lenzuola. Tra la miriade di scemenze una si salva: sono prima italiano o europeo? Unità, sussidiarietà (che mi suona di brutto III elementare), sovranità, sono solo alcuni degli ingredienti che cerco di amalgamare. La domanda fa il bozzolo ed esce così: “sono prima ‘figlio’ o ‘fratello’?”. In questi termini non trovo successione né alternativa; sarà colpa delle ore su strada ma li vedo come i semiassi nella trazione integrale.
È già domani e siamo alla Corte Europea. Siamo tutti in un certo fermento: mi piace non sentirmi il più secchione; vorrei cogliere la rarissima occasione e fare il bulletto ma all’ombra di questo tempio dell’umanità non ce la faccio nemmeno per gioco… (nerd inside!)

Il nostro Virgilio si chiama Roberta Lugarà. È appena più giovane di me, dal curriculum potrebbe avere 60 anni; mentre ci spiega ruolo e funzionamento della Corte quasi le trema la voce (per davvero!). Penso: “Non è ancora una burocrate indurita, c’è speranza!”. 30 secondi dopo uno dei ragazzi domanda quali siano le ragioni più numerose per cui si ricorre contro l’Italia. Articolo 3, trattamenti inumani o degradanti: dopo la Champions League del blocco ex sovietico siamo i primi tra i torturatori dilettanti. C+–o! Ma si potrà?!

I ragazzi rientrando verso la base chiacchierano (in realtà, senza accorgersene, dibattono). Sono infastiditi dai dati appena appresi. Qualcuno ha l’espressione più concentrata che innervosita: mi sembra quasi che stia prendendo le misure per come risolvere la faccenda tutto da solo. Io non ero così concentrato nemmeno all’esame di maturità… torno ottimista e con basi più che ragionevoli!
Sarà l’aria francese, la cena, mi fa sentire nella sala della pallacorda. Top!

Anche l’indomani è già arrivato; direzione Parlamento Europeo. Siamo accolti da un funzionario che introduce le questioni tecniche e tra le lezioni Sottosopra e i diffusi studi di giurisprudenza noto che i ragazzi ne sanno a pacchi!

La prima ora vola e ad un certo momento fa ingresso in sala l’onorevole Paolo de Castro che si siede con noi e ci racconta del discorso tenuto il giorno precedente dalla Merkel. Ci aggiorna sulla Brexit e ci accompagna alla plenaria.

Vado con ordine perché merita. Angela la tocca piano e nei suoi 40 minuti di intervento – concluso con 180 secondi cronometrati di applausi – parla persino di esercito europeo a difesa dei principi della Convenzione dei Diritti dell’Uomo. In effetti già un tedesco barbuto aveva scritto che le idee hanno bisogno di gambe per andarsene a spasso, a.k.a senza esecutivo le leggi sono solo racconti.
La parte sulla Brexit è uno spasso! Se la politica è il proseguimento della guerra con altri mezzi, gli inglesi, che di guerre non ne hanno mai persa una, si sono proprio impegnati per provare l’ebbrezza.

La soft Brexit (apparentemente l’unica via percorribile) puzza di retromarcia proprio come quando ti sbagli a inserirla e dai gas a manetta. Fuga di cervelli da Oxford e Cambridge, il secondo supercomputer al mondo che si sposta a Bologna e altre golosità analoghe. Mentre torniamo a casa si sta votando un provvedimento che aumentando dello 0,3% la spesa europea stuccherà il buco britannico. Speriamo passi. Giusto un dato: l’Europa rappresenta per la Corona il 56% del mercato, viceversa la Gran Bretagna assorbe il 6% dell’export europeo. Se fossi egoista (e benedetto dalla miopia) quasi mi augurerei una bella hard Brexit, buona anche da sbattere sul grugno dei vari sovranisti nel giro di qualche anno.
E adesso la chicca! Sottosopra in questa edizione ha affrontato il tema della geopolitica al tempo dei social e di necessità abbiamo vivisezionato fake news e simili. Arrivati alla plenaria indossiamo le cuffie con la traduzione simultanea (qualcuno stava parlando una lingua che suonava elfica) impostiamo il 4 canale – italiano – e siamo online su una serie di interventi centrati proprio sul tema! Bessi (il mister) dice che abbiamo avuto fortuna ma resto convinto che ci abbia messo il suo zampino scegliendo le date.

L’ordine del giorno titola “Aumentare la resilienza della UE nei confronti dell’influenza di attori stranieri sulla prossima campagna elettorale per il Parlamento europeo” e una news che scopro fake (forse ignoranza mia) tutta nostrana è il gradimento dei sovranismi, che Italia a parte in Europa sono una minoranza infima. Scopro poi che le proiezioni più pessimiste vedono i partiti di tradizione europeista attestarsi su una soglia di resistenza del 70% (rispetto all’attuale 77 circa): robetta… mentre dal mio televisore sembra che anche i piccioni siano euroscettici! O forse solo i piccioni…

Tornando verso casa le idee continuano a frullare; pochi giorni e molti ricordi. Una cartolina che porto a casa – con un velo di schadenfreude – è Farrage che striscia lungo i muri dopo il suo euroflop… per uscire dall’Europa non c’è la fila, nemmeno in autostrada!

Passo e chiudo – alla prossima missione.