Pubblicato su Start Magazine.it il 19 dicembre 2018

L’approfondimento di Gianni Bessi

Le questioni di principio sono sostenibili finché non si scontrano con le esigenze economiche, perché allora queste ultime prendono il sopravvento: pare essere questa la lezione che ci viene dagli ultimi avvenimenti che stanno attraversando il mondo dell’energia. Come abbiamo analizzato nella seconda puntata, ha cominciato il Qatar annunciando che dal primo gennaio non farà più parte dell’Opec. Questione di principio? No, di soldi e potere…

Spostandoci molto più a nord il presidente polacco Duda ha dato un colpo alle buone intenzioni dell’Unione europea – qualcuno ricorda il 20-20-20? – in materia di salvaguardia dell’ambiente dichiarando che il suo Paese non può permettersi di rinunciare al carbone. La fonte fossile più inquinante che abbiamo a disposizione. E lo fa proprio mentre a Katowice in Polonia si apre la Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima.

Intanto a Parigi il movimento dei gilet gialli ha ottenuto che il Governo francese faccia un passo indietro sull’aumento previsto del prezzo del carburante. Il fronte di chi pareva pronto a tutto per “salvare il pianeta” dagli effetti dell’inquinamento pare sgretolarsi di fronte alle esigenze quotidiane, dalla dichiarata impossibilità a rinunciare a bruciare fonti fossili per fare funzionare fabbriche e trasporti. È la trappola energetica descritta con lungimiranza da Leonardo Maugeri in un suo scritto: i nostri buoni propositi ambientalisti si scontrano con l’incapacità di fare i sacrifici necessari a metterli in pratica. È una riedizione moderna del famoso adagio “botte piena e moglie ubriaca”, nel senso che volgiamo un mondo pulito e un clima non “riscaldato”, ma continuando a consumare energia come prima.

L’ex ministro del petrolio saudita Yamani, che è stato uno dei protagonisti della storia dell’Opec, sia quando i Paesi produttori decisero di quadruplicare il prezzo del greggio, sia quando il 21 dicembre del 1975, proprio a Vienna, Carlos lo Sciacallo lo prese in ostaggio insieme ad altri ministri dei petrostati (su questo evento tornerò con uno “speciale”) amava ripetere: “l’età del petrolio non finirà perché finirà il petrolio, così come l’età della pietra non è finita per la fine delle pietre.”

È ancora il concetto della trappola energetica.

Tornando al Qatar, lo strappo epocale con gli altri Stati produttori di petrolio non è dovuto alle tensioni con i paesi vicini – sfociate da giugno in un embargo – almeno a sentire come hanno spiegato la situazione i vertici del Governo. Il quale ha invece esibito considerazioni “tecniche e strategiche” circa le limitate possibilità del paese nel settore petrolifero rispetto alle risorse di Gnl. Il progetto è di incrementarne la produzione del 43% nel 2019 (vedi II puntata).

E anche la Polonia porta a sostegno esigenze strategiche per opporsi alla decarbonizzazione, giudicando la materia fossile necessaria per “la sovranità energetica”: oggi copre il suo fabbisogno per una quota record dell’80%.

Così come le decisioni dell’Opec del 6 e 7 dicembre scorso del taglio della produzione vedono sempre l’equilibrio degli interessi economici al primo posto.

La domanda che resta aperta per noi consumatori è: energia basso costo e tutela ambientale sono compatibili? Oppure le esigenze strategiche – ma va letto economiche – sono più forti dei buoni propositi? In realtà pare che non siamo in grado di rinunciare allo standard di vita garantito da una società energivora e che un mondo pulito ci piace, basta che questa scelta non ci tocchi direttamente le tasche.

E venendo al Bel Paese sono curioso di vedere come si sposeranno le ricette ambientali, economiche e sociali del governo del cambiamento giallo-verde con la ‘trappola energetica’…