Pubblicato su StartMagazine.it il 18 gennaio 2019

di Gianni Bessi

Perché è folle che l’Italia si castri nell’attività di ricerca e di sfruttamento dei giacimenti nazionali. L’emendamento del Movimento 5 Stelle al decreto Semplificazioni commentato da Gianni Bessi, autore del recente saggio “Gas naturale. L’energia di domani” (Innovative Publishing)

 

Come si calcia la palla in tribuna al modo che da ragazzi chiamavamo ‘alla viva il parroco’, così il governo prende tempo per l’iter di discussione del decreto Semplificazioni, che doveva essere ospitato il 15 gennaio nelle sale onuste di storia del Senato.

La causa? Gli emendamenti ‘blocca trivelle’, ovvero come inserire norme di moratorie e altro che blocchino l’attività di ricerca e di sfruttamento dei giacimenti nazionali.

La motivazione di facciata è, fatalmente, quella ambientale: le piattaforme non le vogliamo, devono stare lontano dal mare nostrum perché sono il demonio e poi sono inutili, anzi irrilevanti per il Paese e bla bla bla. Non ne abbiamo bisogno, noi siamo il governo del cambiamento e abbiamo una ‘good solution’ pronta per domani, anzi per oggi: la rete, il digitale, la democrazia diretta, il reddito di cittadinanza, ecc.

Ma cosa c’entra un decreto Semplificazioni con la battaglia contro l’uso dei giacimenti nazionali di gas naturale? Forse stanno sorgendo dei dubbi sul percorso scelto, cioè trasformare il settore energetico attraverso emendamenti a un decreto che propone semplificazioni pensate per arrivare a uno Stato meno invasivo nell’economia, nella società, ecc.

No, il messaggio whatsapp a cui è stata affidata la notifica non lascia dubbi: è in atto una trattativa nel governo, che vede i leghisti, così almeno assicurano i canali diplomatici, convinti che vada rivisto, benché cedendo qualcosa al M5S.

E allora come fare? La domanda non è la mia, cioè lo potrebbe essere come potrebbe essere di tutti gli italiani, ma degli esponenti di governo della Lega. Chiedono come renderlo meno impattante sugli investimenti e sul mondo del lavoro. È un grido di aiuto: allora aiutiamoli. Anzi no, scusate, ero ironico.

Torniamo al dl Semplificazioni che con la politica energetica e con l’estrazione di gas naturale italiano non c’entra davvero nulla. Un’attività di estrazione che solo in Adriatico si compie da 60 anni.

Il cuore invece pulsa più velocemente e le cellule celebrali ripescano una frase di Cristo: non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra. Che nell’occasione si riferiva all’esigenza di tenere segreto il gesto quando si fa elemosina.

Per il governo invece il significato è letterale: pare che la mano destra non abbia un’idea di cosa sta facendo la sinistra. Perché in un altro documento viene definita un’alleanza a 3 di gruppi a partecipazione statale (Cdp, Fincantieri e Snam) per l’innovazione delle strutture portuali in Italia e per lo sviluppo di tecnologie sostenibili applicate al trasporto marittimo legate al Gnl e alle rinnovabili.

Sono entusiasta di una pianificazione che punta a individuare, definire e realizzare progetti strategici di medio periodo in alcuni settori chiave per l’innovazione e lo sviluppo delle strutture portuali in Italia, nonché per lo sviluppo di tecnologie sostenibili applicate al trasporto marittimo, in linea con le prospettive che vedono tale settore passare all’utilizzo del gnl come carburante. Del resto il gas è la risorsa più pulita e perno della transizione energetica. Quante volte l’ho letto e anche scritto?

Ma se i “Champion national” come Snam e Fincantieri avviano ‘tavoli di lavoro’ e la Cassa depositi prestiti, che gestisce i risparmi postali degli italiani per sostenere lo sviluppo, sono impegnati in un progetto di sistema industriale, che rivoluziona il sistema della logistica portuale, così importante perché un altro settore dello Stato opera perché il settore che estrae il gas naturale nazionale diventi irrilevante?

Il gas naturale italiano, quello che si estrae a km zero, iper controllato da norme regolatorie e autorizzazioni, può contare su un piano industriale Eni, un altro importante campione nazionale, concepito per raddoppiare la produzione nazionale di gas naturale da 2,7 mld/mc anno a oltre 4 mld/mc anno per 2 miliardi euro solo nell’Adriatico con strutture e piattaforme a mare esistenti.

Senza quindi nessun ‘mostro’ da costruire a mare. Bene, anzi male: questo piano verrà bloccato, oppure sarà limitato come, con un decreto ‘Semplificazioni’. Che non tiene conto anche di un altro particolare non di poco conto per il futuro del Paese: il settore avrebbe un potenziale per far crescere dello 0,5% il Pil italiano (fonte: Aspen Institute).

Non capisco, e non mi adeguo. E cerco di capire e chiedo.

“Così si chiude, fra due o tre anni senza investimenti si chiude…” mi ripete un tecnico, uno dei tanti caschi gialli a cui mi sono rivolto nel mio appello. Ed eravamo solo alla prima birra al bar a Marina di Ravenna sede del distretto energetico offshore italiano.

Beh…come cantano Thegiornalisti “Sotto il sole di Riccione, di Riccione…” non vedremo più le piattaforme in lontananza. Del resto non sono la causa della desertificazione del settore turistico della riviera romagnola, con relativa fuga di milioni di turisti? Come dite? No?

Il punto che mi agita i neuroni, che attiva le mie sinapsi e su cui mi sembrerebbe scontato attaccare non è tanto l’aspetto legislativo o economico, ma quello etico: il gas naturale che si estrae in Nigeria o nel deserto libico o nel permafrost siberiano o nel mediterraneo orientale come ha dichiarato ufficialmente all’East Mediterranean Gas Forum il Sottosegretario penta stellato Cioffi va bene: forse perché quelli che vivono li sono persone senza dignità e diritti? Oppure: per essere coerenti bisognerebbe smettere di importare gas dall’estero. Ma poi come ci permetteremmo di mantenere il nostro benessere che tanto ci piace? E che tanto piace anche a coloro che proprio da quelle parti del mondo vedono il nostro stile di vita attraverso le comunicazioni globali e intraprendono rischi inimmaginabili per raggiungere l’eldorado europeo?

Basta guardare una fotografia aerea del mondo e vedere dove sono le luci elettriche che illuminano i nostri ‘territori’ e notare dove si concentrano quelle più intense: a fianco di tale intensità aggiungiamo il dato del Pil prodotto in quelle aree e il gioco è fatto.

La risposta è un rapporto direttamente proporzionale tra le due variabili: più luce più Pil! Più Pil, più luce! Chi l’avrebbe mai detto…

“La questione energetica è questione culturale e quindi è squisitamente antropologica”: le parole che Giulio Sapelli mi ha regalato nell’introduzione al mio libro “Gas naturale. L’energia di domani” mi risuonano in testa. Questo è il vero tema politico sul quale aprire un dibattito e avere risposte.

“Risposte”? Una vocina risuona da qualche parte. “Ma dai, Gianni, cerchi risposte, soluzioni, proposte? Questo hanno deciso quelli che adesso sono al comando, i guru della rete, gli onesti. Ed è comunque starci dietro”. Caro direttore: dal nuovo boom economico alla sconfitta della povertà e alle soluzioni energetiche quelli del governo del cambiamento mi stanno prendendo per sfinimento.

I love il governo del cambiamento.