Pubblicato su StarMagazine.it il 24 gennaio 2019

Tutte le buone ragioni per contrastare chi anche all’interno del governo Conte dicendo no alla ricerca e allo sviluppo in campo energetico castra la crescita e la sicurezza italiane

Poche cose creano unione ed armonia come un nemico comune. Gli effetti del Decreto Semplificazioni stanno assottigliando le questioni partitiche davanti ad uno di quei no che fanno la decrescita. A riunire il già vittorioso esercito dell’oil&gas è stata l’ennesima minaccia all’intero comparto energetico italiano.

Come dalle colonne di Start Magazione è chiaro da sempre, quella energetica è una faccenda che tocca le corde più profonde del paese. Non si tratta di sola economia, di sola ecologia, di solo lavoro; è una questione complessa, che chiama in causa l’industria tricolore tutta insieme. Nonostante la vittoria referendaria contro i no triv, emendamenti che a questo popolo di lavoratori paiono – comprensibilmente – roba da Azzeccagarbugli, tornano a minacciarne il lavoro.

Mentre i supplenti di governo scimmiottano battibecchi, accusandosi vicendevolmente di voler riportare l’Italia al Medioevo, Assomineraria stima che il freno alle attività gasifere potrebbe comportare una riduzione degli investimenti tra i 400 milioni e i 2 miliardi, e che il danno per le casse erariali dovuto alla perdita di 10\20 mila posti di lavoro è quantificabile tra i 110 e i 500 milioni di euro all’anno. Tutto ciò senza considerare le colossali ammende – che già Stoccolma ci ha impartito per un analogo tentativo di renziana memoria – conseguenti ad un simile tradimento degli impegni commerciali stipulati da anni.

La chiamata alle armi è suonata da Gianni Bessi, autore del recente saggio “Gas naturale. L’energia di domani” (Innovative Publishing),, e la bandiera di questa unione ha oggi la forma di un casco giallo.

Che viviamo – non solo in Italia – un periodo economico delicato è arcinoto. Altrettanto noto dovrebbe essere che le recessioni economiche – come quella che stiamo vivendo al di là delle retoriche – è caratterizzata principalmente dal calo degli investimenti molto più che da quello dei consumi, che conseguono (e conseguiranno inesorabilmente) quando un intero comparto industriale sarà stato smantellato.

Combattere le battaglie elettorali sacrificando le risorse autoctone del paese a vantaggio di ideologie ecologistiche di facciata è crudele (perché chiamarla follia idiota pareva brutto!). Una concreta e reale attenzione all’ambiente infatti non vorrebbe certo spostare le estrazioni e le ricerche in paesi lontani, magari in via di sviluppo, dove qualche multinazionale avrebbe facile vita nell’eludere le norme a tutela dell’ambiente in cambio di pochi spicci.

L’ambiente è uno e unico, e allontanare il luogo in cui la terra viene toccata dalle attività umane non ne modifica l’impatto. Accanto a ciò va ricordato che il gas naturale è la meno inquinante tra le fonti fossili e la più indicata per guidare la transizione verso un mix energetico sostenibile; interromperne o ridurne gli afflussi, a meno di non modificare nel contempo il nostro consumo di energia, significa solo bruciare più petrolio e carbone immettendo così maggior quantità di inquinanti in atmosfera.

Come non concordare tuttavia con la diarchia di comando quando si accusa di riportarci nel Medioevo?! Le caratteristiche ci sono tutte: recessione economica, analfabetismo dilagante, crescente rischio di malattie epidemiche (nonostante la semplice debellabilità grazie ai vaccini), superstizioni di varia natura che imperversano e scatenano profeti di sventura, rimpianto delle tirannie e altre oscenità simili. Si sa, il sonno della ragione genera mostri…

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