Pubblicato su Lettera43.it del 31 gennaio 2019

Ravenna rischia di perdere posti di lavoro e gli investimenti dell’Eni e dal gas dipende il 40% dei consumi regionali. Mentre le Regioni del Nord ottengono le concessioni idroelettriche.

di Francesco Pacifico

Aumentano le pressioni sulla regione Emilia-Romagna per fare ricorso alla Corte costituzionale e impugnare il Blocca Trivelle. Vuoi perché al largo della Romagna si “coltiva” quasi il 70 per cento del gas naturale estratto in Italia. Vuoi perché le nuove norme del governo colpiscono in maniera massiccia il distretto di Ravenna, un’eccellenza mondiale nell’impiantistica Oil&Gas a livello mondiale. Le sue maestranze – con l’appoggio delle autorità locali e di Confindustria – sono pronte a scendere in piazza il prossimo 9 febbraio alla manifestazione nazionale organizzata a Roma dai sindacati contro il governo. In Senato è stato votato l’emendamento inserito nel disegno di legge Semplificazione, che aumenta di 25 volte i canoni sull’estrazione di idrocarburi in mare e in terra e soprattutto congela per almeno 18 mesi ogni attività di esplorazione per trovare nuovo gas naturale o petrolio. Nonostante i dubbi nei giorni scorsi espressi dalla Lega difficilmente si farà marcia indietro: vuoi perché la maggioranza gialloverde non vuole creare ulteriori frizioni al suo interno, vuoi perché i Cinquestelle e il Carroccio hanno trovato un’intesa che sa di scambio. I pentastellati portano a caso il blocco delle trivelle, l’alleato ha ottenuto di girare alle Regioni le ricchissime concessioni per i bacini idrologici. Un tesoro che i vari governatori targati o vicini alla Lega come Attilio Fontana (Lombardia) e Luca Zaia (Veneto) non vogliono lasciarsi scappare.

A RISCHIO MILLE POSTI DI LAVORO E GLI INVESTIMENTI DI ENI

In mezzo a tutto questo c’è il distretto di Ravenna. Nate sull’onda della Montedison e dell’Eni, qui lavorano circa 10mila aziende, con un fatturato vicino al miliardo di euro. A dirla tutta queste realtà registrano il 70 per cento del loro fatturato in giro per il mondo, visto che sono eccellenze nel campo dell’impiantistica, nella costruzione di pipeline e nell’attività di ricerca di idrocarburi. Ma il blocco nelle attività davanti alle coste di casa propria potrebbero comunque portare a un migliaio di licenziamenti. Senza contare il maxinvestimento del Cane a tre zampe, che nell’area ha impegnato 2 miliardi di euro, ma che in futuro potrebbe rivederne l’entità visto l’aumento dei canoni estrattivi. Gianni Bessi, consigliere del Pd della Regione Emilia-Romagna e soprattutto uno dei massimi esperti di energia del Paese, ha lanciato la protesta dei “caschi gialli”, dei lavoratori del settore, che il 9 febbraio saranno a Roma a far sentire la loro voce, insieme ai rappresentanti dei sindacati e delle imprese locali.

LA LEGA TACE E LE REGIONI DEL NORD OTTENGONO LE CONCESSIONI

«Il blocca trivelle», spiega Bessi, «purtroppo alla fine avrà un solo e drammatico effetto pratico: mettere a repentaglio il lavoro di tanta brava gente che fa il proprio dovere, paga le tasse e contribuisce a mandare avanti questa nazione, senza chiacchiere ma con i fatti. Tra l’altro, la Lega di Matteo Salvini, partito di governo, si è sempre detta contraria alla misura di blocco, ma su questa partita cruciale ha improvvisamente perso la parola. Forse anche la parte del decreto Semplificazioni sul passaggio delle concessioni delle grandi centrali idroelettriche alle regioni del Nord senza che queste spendano un euro è un elemento cruciale dell’approvazione del provvedimento? Pensare male si fa peccato ma spesso ci si prende sosteneva Giulio Andreotti».

DALLE TRIVELLE DIPENDE IL 40% DEI CONSUMI EMILIANO ROMAGNOLI

In mezzo a tutto questo c’è la giunta di Stefano Bonaccini. Il governatore soffre i sondaggi e non ha ancora dato la disponibilità a ricandidarsi tra un anno. Quel che è certo è che non può permettersi di perdere un voto. La giunta emiliana sta studiando il da farsi, nel tentativo di non scontentare nessuno. Per venerdì primo febbraio è stato convocato un vertice negli uffici di viale Aldo Moro con le aziende e i sindacati del petrolchimico. Ma l’incertezza si legge anche nelle dichiarazioni dell’assessore regionale alle Attività produttive, Palma Costi. «Questa giunta», ha scritto al sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, «ha già fatto una scelta strategica forte verso le rinnovabili. Ma abbiamo anche sancito che sarà un processo che dovrà vedere impegnata tutta la società regionale e che la transizione avverrà utilizzando comunque il gas naturale, una fonte fossile pulita che in Emilia-Romagna risponde al 40 per cento dei consumi di cittadini e imprese, non sostituibile immediatamente». Per questo Bonaccini si dice pronto a contrastare in tutti i modi gli «atteggiamenti immotivatamente vincolanti come quelli imposti dal governo, che non fanno altro che impoverire l’occupazione, senza crearne di nuova e dando spazio all’esclusiva acquisizione estera del gas». Parole nelle quali il distretto di Ravenna vede la possibilità che la Regione provi a impugnare il Blocca Trivelle alla Consulta.