Pubblicato su Startmagazine.it il 7 febbraio 2019

di Gianni Bessi

 

Tutti gli effetti negativi per l’Italia del blocco della ricerca di petrolio e gas deciso dal governo commentati da Gianni Bessi, autore del saggio “Gas naturale – L’Energia di domani” (Innovative Publishing), che parteciperà alla manifestazione dei Caschi Gialli che si terrà a Roma il 9 febbraio auspicata su StartMag con un appello

Quando un governo eletto dai cittadini smette di parlare con loro, rifiutando di incontrarli e trattandoli invece da incompetenti o peggio da ignoranti, allora la democrazia ha un problema serio. È quello che è successo quando il viceministro Luigi Di Maio, per sostenere la giustezza dell’emendamento che blocca l’estrazione di gas naturale in Italia per 18 mesi, rivolgendosi alle maestranze che ad Ortona gli chiedevano di spiegargli le proprie ragioni, le ha accusate di essere strumentalizzate dalle lobby del petrolio.

Insomma, a cittadini italiani che ogni giorno vanno a lavorare, che pagano le tasse, che contribuiscono a sostenere il Pil di questo Paese e che hanno di fronte la prospettiva di perderlo questo loro lavoro, il numero due del governo non trova di meglio che dire che sono dei gonzi nelle mani delle multinazionali.

Ho pensato di rispondere all’autorevole esponente del governo semplicemente ricordandogli che probabilmente non ha la minima idea di che cosa sta parlando. Cosa confermata da una sua frase pronunciata sempre nell’occasione, che «in Italia la maggior parte del petrolio viene venduto in altri paesi, solo il 7% resta in Italia, cosa veramente irrisoria».

Il sospetto è che sia proprio Luigi Di Maio, a sua insaputa ovviamente, a essere strumentalizzato dalle multinazionali. Un dato per sostenere questa tesi: a gennaio 2019 abbiamo consumato 10.541,1 milioni di metri cubi di gas, oltre 1,7 miliardi di in più rispetto allo stesso mese del 2018. Da dove viene questo gas che abbiamo ‘bruciato’?Soprattutto dalla Russia (+64,5% i flussi a Tarvisio a 2.756 mln mc) e dalla Libia (+35,5% a 425,5 mln mc), con buona pace della nostra bilancia dei pagamenti e delle nostre tasche di contribuenti.

In definitiva, chiudendo il gas naturale italiano chi farà salti di gioia saranno i nostri fornitori esteri, che vedono la possibilità di mettersi in tasca un bonus per ogni metro cubo di metano che, non essendo più estratto in Italia, toccherà a loro fornirci. Ho cercato di spiegare questa vocazione al “tafazzismo” facendo riferimento a cosa stanno facendo Croazia o Montenegro, cioè estrarre gas naturale in Adriatico, e che scelte energetiche si compiono nel mediterraneo orientale, dove Cipro e Israele puntano al gas nazionale come strumento di sviluppo. Senza contare il paradosso degli applausi, giusti niente da dire, per gli accordi firmati da Eni nel Golfo persico: all’estero è un’eccellenza del made in Italy ma quando vuole lavorare in Italia diventa una diabolica lobby del petrolio. Parafrasando un famoso film possiamo dire che “Il Diavolo veste Eni”, solo in Italia.

Serve ricordare ancora che la maggior parte dei lavoratori italiani del settore opera per piccole e medie imprese nazionali, che rappresenta una ricchezza in termini di know how, di ricerca, di sicurezza sul lavoro? Si, serve sempre. È la missione che mi sono dato. In sostanza: un gran numero di lavoratori italiani sta rischiando di perdere il lavoro, di vedere compromesso il proprio futuro e quello delle proprie famiglie mentre il governo italiano, che dovrebbe rappresentarli, difenderli, creare l’opportunità perché possano vivere dignitosamente, li accusa di essere o manipolabili a piacimento, appunto, o peggio venduti. Non si tratta di lavoratori sfruttati dalle multinazionali, ma di imprese italiane. Lo ripeto, imprese italiane.

In inglese c’è un’espressione molto efficace che riguarda il mondo della televisione, jumping the shark, cioè saltare lo squalo. La si usa per indicare il momento in cui un programma, dopo aver raggiunto il suo picco, inizia inesorabilmente ad abbassare il suo livello qualitativo. Ecco, il governo italiano ha “saltato lo squalo”, perché quando si offendono i cittadini, che deve rappresentare, per il cui benessere deve legiferare, che sono il suo “datore di lavoro” (copyright Beppe Grillo…) allora la parabola discendente è iniziata. Questo non significa che non resterà in carica cinque anni, ma che ha bruciato la dotazione di credibilità. L’accusa di non avere una coscienza civica e politica, tanto che si può essere strumentalizzati è di per sé gravissima, senza che la motivazione possa attenuarla in alcun modo.

Per tutto questo, il 9 febbraio a Roma imprese e maestranze unite si ritroveranno per dare vita a una manifestazione nazionale che chieda al governo di recedere dall’applicazione di una norma dissennata che metterebbe in ginocchio il settore oil&gas italiano.

Credo che questa marcia di caschi gialli che avevo auspicato e che si realizzerà non debba finire sabato ma continuare nella testimonianza. Faccio un altro appello: lavoratori e aziende dell’oil&gas scrivete a sindaci, presidenti delle Regioni, prefetti, parlamentari di collegio, per portare e tenere viva l’attenzione all’argomento. Perché voi “caschi gialli” sapete bene di cosa state parlando.