Pubblicato su Startmagazine.it il 13 febbraio 2019

 

L’articolo di Filippo Onoranti, blogger di Start Magazine

Sabato scorso a Roma migliaia di donne e di uomini si sono riuniti, migliaia di lavoratori hanno vestito i caschi gialli incontrandosi nella manifestazione unitaria dei sindacati per protestare contro alcuni capisaldi delle politiche dell’attuale governo. E ripensandoci bene: avete sentito qualche tiggì parlare delle migliaia di professionisti dell’oil&gas? Io no…

Il vessillo del casco giallo è nato su Start Magazine da un appello di Gianni Bessi, consigliere regionale in Emilia Romagna, esperto di questioni energetiche legate anche alla geopolitica e autore del recente saggio “Gas naturale – L’Energia di domani”.

L’appello si è diffuso tra le migliaia di lavoratori e imprenditori del settore dell’energia, dell’impiantistica industriale e della manifattura, dando luogo ad una vera e propria rivolta via web.

Una simile urgenza è stata raccolta dalle rappresentanze dei lavoratori, che l’hanno indirizzata in una manifestazione democratica di dissenso. L’abbrivio dato da lavoratori e imprenditori ha testimoniato le esigenze del territorio suscitando l’impegno delle istituzioni locali. In particolare a Ravenna – capitale dell’oil&gas italiano – si sono fatti portavoce istituzionali del messaggio il sindaco Michele de Pascale e il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini.

Da questi attori sono state inoltrate al governo ripetute richieste di confronto senza ricevere alcuna risposta. E sabato 9 febbraio ha presentato un’altra novità: sulle strade romane hanno sfilato fianco a fianco sindacati e associazione datoriali, indossando gli stessi caschi gialli, divenuti simbolo dell’energia nazionale. La manifestazione ha avuto preludi interessanti durante la campagna elettorale abruzzese, dove i lavoratori hanno portato le proprie ragioni dai social media alla strada; lo stesso è accaduto ad Ortona dove è stato chiesto un incontro al Ministro Di Maio prima di un suo comizio, ma che è stato puntualmente ignorato. Anzi la reazione del governo sembra ripescare storie passate. Bandendo infatti i lavoratori come burattini strumentalizzati dai padroni, addirittura dalle lobby petrolifere, è stata loro negata qualunque dignità.

Ignorando la richiesta congiunta di piazza e istituzioni locali su un tema specifico (e strategico) come l’energia, il governo viene meno al proprio dovere di rappresentanza. La democrazia non riguarda tanto una forma di organizzazione dello stato, quanto piuttosto un modo di condurre la dialettica politica, in una liturgia che tuteli – nella sostanza e non solo nella forma – le minoranze.

Nonostante questi usi impropri della macchina statale la protesta dei caschi gialli si è mantenuta entro i confini di decoro e correttezza che l’hanno caratterizzata dai suoi albori e senza intiepidirsi è giunta fino a piazza San Giovanni.

E qui si incontra un altro nodo cruciale della storia: di questa partecipazione i media istituzionali hanno dato poco riscontro. Troviamo quindi i lavoratori ignorati dalle TV tradizionali e da quello stesso governo che invece ammicca maldestramente ai facinorosi d’oltralpe – che di giallo indossano un gillet.

È lecito allora domandarsi se non occorra una dimostrazione di dissenso non democratica; se non sia necessario – anche tradendo la propria moralità – di piegarsi all’esigenza pratica di manifestazioni muscolari. Davvero solo il rumore attira l’attenzione? Correttezza e sostanza non trovano posto in questo scenario?

Tra le numerose – e spinose – questioni aperte resta un fatto: il Ministro dello Sviluppo Economico, Ministro del Lavoro e leader politico di un partito con oltre il 30% di voti alle elezioni politiche, semplicemente, si sottrae. Forse negarsi è l’unico modo per rendersi desiderabile?