Pubblicato su Start Magazine.it il 24 marzo 2019

di Gianni Bessi

 

E’ ora di rendersi conto del grande potenziale che il mare garantisce in termini di produzione energetica. Il cambiamento in molti paesi è già iniziato da anni quindi serve cominciare a discutere seriamente su come sfruttare le potenzialità delle energie rinnovabili offshore. L’approfondimento di Gianni Bessi, autore di “Gas naturale, l’energia di domani”

La seconda puntata di questa trilogia si è conclusa con un’esortazione a mio parere doverosa: l’Ue che uscirà dalla tornata elettorale del 26 maggio deve assolutamente riprendere il mano il timone della politica. I motivi sono molti e, per fortuna, chiari: a cominciare dalla Brexit e dai suoi effetti per andare alla competizione fra potenze mondiali quali Usa e Russia con la Cina terzo incomodo, ma neanche tanto.

La domanda è se l’assedio sovranista e l’ascesa di gruppi più nazionalisti ed euroscettici porterà una risicata maggioranza per i partiti tradizionalmente europeisti. E se tale attacco determinerà la frammentazione parlamentare più evidente della storia dell’Ue,

Insomma, il 26 maggio non c’è solo in ballo il rinnovo del parlamento o il futuro dell’euro, di come affrontare le migrazioni o le politiche per il lavoro ma l’essenza dell’Unione europea, del perché per i 27 Paesi che ne fanno parte (o 28, visto che ancora la Gran Bretagna non se ne è andata…) sia meglio restare all’interno di quella che è comunque, con i suoi difetti ma anche i sui pregi, la più grande costruzione politica (democratica) ed economica della modernità.

Un’Europa unita che nel breve periodo si dovrà confrontare con le grandi potenze e lo dovrà fare non in maniera subalterna ma per quello che è: una grande potenza.

Abbiamo visto come la geopolitica ci consegna un confine del ‘Nuovo Nord’ che con le sue risorse naturali fa gola ai potenti della terra. La conquista di questo spazio globale cela grandi riserve di idrocarburi, di terre rare, di giacimenti di uranio, di mari più pescosi, delle rotte commerciali più brevi è noto.

È la Polar Rush per la definizione delle aree d’influenza, per lo sviluppo delle infrastrutture di interconnessioni materiali o immateriali, per la sicurezza marittima e militare o per la regolamentazione del nuovo spazio marino di oltre 2,8 milioni di kilometri quadrati.

Ma in questo quadro complesso un elemento, o meglio una risorsa naturale viene poco ricordata sebbene abbia una notevole importanza specie nella corsa futura alla produzione energetica. Il vento.

House of gas si era annotata nel suo bloc notes la data del 14 dicembre 2018: è stato quando sono state vendute le licenze per costruire una delle più estese offshore wind farm mai progettate fino a ora e che sarà realizzata nelle acque che si affacciano sulla costa dello Stato americano del Massachusetts. Le licenze, rilasciate dal Bureau of Ocean Energy Management, sono arrivate ad un prezzo record di 405 milioni di dollari. La costruzione di questo parco eolico in mare aperto durerà circa 10 anni e si stima che l’energia generata potrà raggiungere i 4.1 gigawatt, che è sufficiente per coprire il fabbisogno energetico di quasi 1 milione e mezzo di abitazioni. E che proietta gli Usa tra i maggiori produttori di energia offshore eolica insieme a Regno Unito, Germania, Cina e Danimarca: del resto l’energia ricavata dall’eolico offshore si sta confermando sempre più una solida alternativa da associare alla produzioni da energie non rinnovabili.

Attualmente la più grande offshore wind farm in attività è Walney Extension, situata vicino alle coste inglesi: produce un quantitativo di energia pari a 700 megawatt quasi sei volte in meno rispetto a quello che sarà assicurato dal parco eolico del Massachusetts.

In Europa i parchi eolici offshore più dinamici sono collocati soprattutto nell’anglosfera del Mare del Nord: tra quelli in via di realizzazione uno dei più importanti vede protagonista la Gran Bretagna. È il SeaGreen, che coprirà un’area di circa 2800 chilometri quadrati e sarà posizionato a circa 25 chilometri dalle coste scozzesi. Si stima che avrà una capacità pari a 3,500 MW.

Un altro progetto di parco eolico nel Mare del Nord è il NNG (Neart na Gaoithe, che in lingua celtica significa “Forza del Vento”): si stima che verranno investiti circa 1,8 miliardi di sterline, mentre l’energia prodotta riuscirà a coprire il fabbisogno di circa 375mila case pari a tutti gli edifici domestici di una città come Edimburgo.

Ecco perché il richiamo all’Europa: è ora di rendersi conto del grande potenziale che il mare garantisce in termini di produzione energetica. Il cambiamento in molti paesi è già iniziato da anni quindi serve cominciare a discutere seriamente su come sfruttare le potenzialità delle energie rinnovabili offshore. Non dimentichiamo che i parchi eolici potranno essere posizionati lontano dalle coste, senza alcun impatto per il paesaggio: e garantiranno un immenso ritorno soprattutto per l’ambiente e per le generazioni future.

L’area meridionale dell’Europa potrebbe già puntare sull’energia garantita dalle Wind farm e il nostro Paese, visto il know how offshore che possiede, potrebbe candidarsi a essere il Paese guida. Ma manca ancora totalmente un piano di sviluppo delle aree a mare per l’eolico: la politica del governo non si sta occupando di energia e quando lo fa ostacola il settore come nel caso dell’emendamento ‘blocca trivelle’.

Eppure proprio recentemente Saipem ha realizzato la prima installazione di turbina eolica con struttura galleggiante, usando la tecnologia floating foundation, in un’area dove la profondità del mare tocca gli 800 metri: questo potrebbe aprire la realizzazione di parchi eolici in mare aperto lontani dalla costa a elevate profondità.

Questa prima esperienza conferma come la transizione energetica passa da una politica che punti a utilizzare un mix rinnovabili e gas naturale mettendole a sistema. Si tratterebbe di compiere una scelta lungimirante che ci permetta non solo di produrre energia nel modo più sostenibile possibile, ma anche di sostenere il processo di sviluppo della conoscenza, della ricerca scientifica e tecnologica con l’obiettivo di creare un nuovo paradigma energetico, industriale sostenibile ambientalmente, economicamente e socialmente.

E lasciatemi fare uno ‘spot’: tutto questo è già possibile basta venire a vedere dal 27 al 29 marzo l’OMC 2019 la XIV edizione internazionale dell’Offshore Mediterranean Conference a Ravenna.