Pubblicato su Start Magazine.it il 30 marzo 2019

 

Il commento di Gianni Bessi, autore del saggio “Gas Naturale – l’energia di domani” (Innovative Publishing)

L’Offshore Mediterreanean Conference OMC2019 di Ravenna non è solo uno degli appuntamenti dove si incontrano i protagonisti del settore oil&gas, dalle imprese al mondo accademico fino alla politica, ma anche un’occasione unica per capire quali sono le strategie in materia di energia dei Paesi avanzati. È stato così anche per l’edizione delle tre giornate di quest’anno, che come sempre ha regalato molte suggestioni e indicazioni utili per il futuro. Ed è stato un bene che tra gli ospiti principali ci fosse anche il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giancarlo Giorgetti.

Delle tante suggestioni ne voglio citare una per tutte, perché ho avuto l’onore di essere stato chiamato a partecipare in veste di relatore: ‘Energia nazionale, the italian upstream is not dead’. È stato tra gli eventi conclusivi di Omc e il titolo scelto è molto di più di un semplice richiamo a tenere conto dell’attività di estrazione di risorse energetiche italiane. Ma, almeno questa è stata la lettura di molti fra cui il sottoscritto, è un’importante sottolineatura di quale debba essere il metodo politico con cui affrontare le questioni energetiche: non si possono compiere scelte in un settore strategico e delicato senza tenere conto della realtà. E nel nostro caso, la realtà è fatta di migliaia di imprese e lavoratori che permettono a questo Paese di ‘funzionare’ provvedendo, nello stesso tempo, anche a garantire la sicurezza nazionale.

Il sottosegretario pare sia stato colpito favorevolmente dal mondo dell’oil&gas – o forse lo era già in precedenza e aveva solo bisogno di una conferma – al punto che ha dichiarato che «Non si può parlare di sovranità di un paese quando non c’è sovranità energetica». Sarebbe facile commentare che una ‘politica energetica nazionale’ – che non deve condurre per forza a una ‘sovranità’ per i motivi che spiegherò dopo – è stata invocata da molti negli ultimi anni, tra cui anche il sottoscritto, che su questo tema ha anche prodotto un libro. E che sono state indicate anche le strade per procedere in questa direzione, sfruttando le risorse a disposizione e quindi ottenendo due risultati importanti: alleggerire la bilancia dei pagamenti, che vede in quella energetica una voce ‘pesante’, e fare lavorare imprese e maestranze nazionali che sono all’avanguardia nel mondo.

Ma perché questa scelta strategica non dovrebbe avere come fine una sovranità energetica o, comunque, un consolidamento di quella politica? Perché ogni decisione strategica in materia energetica deve avere l’Europa come riferimento: solo in questo caso sarebbe efficace. Deve essere inquadrata insomma in una politica di sistema che veda procedere le scelte italiane all’interno delle politiche dell’Unione europea. Un esempio? La creazione di un coordinamento che gestisca l’approvvigionamento dalla rete dei gasdotti e dai rigassificatori, un po’ come succedeva agli albori dell’Ue con la Comunità europea del carbone e dell’acciaio ma sostituendo il carbone con il gas naturale.

Angela Merkel in un recente discorso di fronte al parlamento di Strasburgo ha indicato le forze armate come il primo passo per dare alla costruzione europea una vera unione politica e non solo economica. A mio parere il sistema energetico sarebbe buon secondo in questa lista delle ‘cose da fare’: un strategia condivisa da tutti i Paesi dell’Ue per mettere insieme risorse, infrastrutture, realtà di ricerca e innovazione. Si potrebbe così compiere quello che è l’atto più importante verso un mondo più sostenibile: la transizione energetica verso un uso esclusivo delle fonti pulite che si appoggi sul mix gas naturale-rinnovabili.

Ma per fare questo servirebbero alcuni aggiustamenti alla politica nostrana. Il primo è che il 26 maggio riusciamo a eleggere a Strasburgo persone in grado non solo di manovrare questi temi, ma che siano pronte a battersi per sostenere una nuova via italiana all’energia che abbia, non gusta ripeterlo, come base il mix energetica gas naturale-rinnovabili. Servirebbe però anche un cambio di prospettiva del governo, che finora ha penalizzato il settore energetico italiano invece di sostenerne la crescita: la sostenibilità si raggiunge, come ci insegna l’esempio norvegese, solo per citarne uno, utilizzando l’economia garantita dall’estrazione e dalla commercializzazione delle fonti fossili per fare crescere l’alternativa ‘pulita’. Senza passaggi traumatici, che non funzionerebbero, ma con gradualità: servono tempo e denaro per risolvere i problemi che le fonti pulite ancora presentano – uno per tutti, la discontinuità dell’erogazione – e fare nascere una vera cultura condivisa delle rinnovabili.

Riflettere su queste cose mi ha fatto venire in mente una proposta, che a questo punto, vista la sua disponibilità, giro a Giancarlo Giorgetti. Se davvero crede nell’esigenza di una ‘sovranità energetica’ perché non porta all’attenzione del governo un esempio virtuoso di come ci si possa arrivare? Mi riferisco a quello dell’Emilia-Romagna, che da anni sostiene un sistema che si basa sulla ricerca e l’innovazione in campo energetico e che ha scelto di basare il proprio sviluppo sul mix gas-rinnovabili e può vantare uno dei settori oil&gas all’avanguardia nel mondo, sia nell’estrazione sia nell’impiantistica. E immaginiamo di ampliare questo modello a tutta l’Italia. Tra i tanti, voglio citare solo un effetto positivo di una maggiore indipendenza energetica: si potrebbero usare le royalty derivate dalla produzione di gas naturale per sostenere il percorso scolastico, universitario e formativo dei giovani che vogliono studiare le tecnologie che ci permettano di pensare a un domani in cui accendere la luce sarà al cento per cento un atto sostenibile.