Pubblicato su Policymakermag.it il 3 giugno 2019

di Gianni Bessi

Dalle recenti elezioni il Partito democratico ha ottenuto il risultato di proiettare all’esterno un’idea di compattezza e la sensazione che possa ripartire dal prestigio territoriale. Il commento di Gianni Bessi

I numeri e i flussi dei voti delle elezioni del 26 maggio sono noti e disegnano una scelta netta di consenso su Matteo Salvini e una sorta di ‘mandato’ di leadership nazionale (il nome scelto per la lista, “Lega Salvini premier”, è già gravido di implicazioni). Sorte opposta invece è toccata al suo alleato e antagonista Luigi Di Maio che, usando un linguaggio da reality show, è stato invece ‘nominato’ e quindi eliminato dalla competizione. La metafora del reality non è peregrina: come insegnava Edmondo Berselli la politica non è altro che un ennesimo format televisivo. Anzi è il format televisivo a diventare politica.

IL PD GUIDATO DA ZINGARETTI

Dal canto suo, il Pd di Zingaretti – sempre seguendo la suggestione del reality, sono le persone che li definiscono e non viceversa – ha ottenuto un 22.8 per cento che lo rimette in gioco. Il neosegretario può essere soddisfatto: cercava conferme dopo il lungo periodo di stallo iniziato con le elezioni del 4 marzo 2018 e le ha ottenute dopo quasi un anno di catarsi dove si era temuta un’implosione del partito sul tipo di quella vissuta dai socialisti francesi. Insomma, il Partito democratico, nonostante le consuete analisi, ‘acrobatiche’ dei dati e le consuete dichiarazioni in contraddizione di leader vecchi e nuovi, (abitudine difficile da abbandonare), ha almeno ottenuto il risultato di proiettare all’esterno un’idea di compattezza e la sensazione che possa ripartire.

CENTROSINISTRA CONTRAPPOSTO A SALVINI PREMIER

La domanda ora è come. E non è solo una questione di strategia politica (i“di linea” si diceva un tempo), perché occorre prendere in mano anche il tema dell’organizzazione e della logistica collegate alla politica. Che trovano la sua naturale espressione nella forma partito: Richard Normann ci ricorda come la struttura organizzativa forma le strategie sociali ed economiche e viceversa. L’ipotesi che ha maggiori possibilità di funzionare è quella che vede il Pd partire da un dato indubbio: nello stesso giorno in cui gli elettori alle Europee sceglievano “Salvini Premier”, nella stragrande maggioranza dei casi a livello amministrativo hanno compiuto scelte differenti, premiando in tutta Italia i sindaci delle coalizioni del centrosinistra.

Le spiegazioni, le parole e le metafore del linguaggio politico per spiegare questo ‘Sottosopra’ sono le più svariate, ma hanno un elemento comune: le elezioni comunali sono peculiari perché si punta a premiare le scelte delle politiche più vicine alla quotidianità, le personalità degli amministratori e la stima nei loro confronti, le esperienze di buon governo…ecc. Usando espressioni in voga da molto tempo nella comunità politica, alle amministrative conta il ‘radicamento territoriale, la capacità di ‘fare comunità’ ecc…

RIPARTIRE DAL TERRITORIO CON UNA STRUTTURA FEDERALE

Il Pd deve ripartire da queste ‘certezze’, da questo ‘prestigio territoriale, se volessimo sintetizzarlo, mettendo mano alla propria forma partito e adottando una struttura federale: solo così potrà essere coerente con le parole chiave vincenti che ho appena citato. Perché se le parole e le metafore usate per definire le priorità del Partito Democratico sono l’essenza dell’identità politica dei democratici allora anche la struttura si deve adeguare. Una struttura federale, che trovi definizione in un nuovo statuto, che definisca l’autonomia regionale delle federazioni e che produca un coordinamento nazionale coerente. E che porti ‘il territorio’ a partecipare di più alle scelte del Partito Democratico…

DAL LOCALE PER RAFFORZARE IL PD NAZIONALE

Se il Partito democratico a livello locale è più “performante” di quello nazionale, e lo è, la sfida è trasformare questo ‘successo’ locale in una spinta e un traino per rafforzare la ripresa del Pd nazionale, come abbiamo iniziato a intravedere alle Europee. E le scadenze per testare un nuovo Pd a trazione federale non mancano e sono anche ravvicinate: le prossime elezioni regionali dell’Emilia-Romagna del prossimo novembre che già adesso si prefigurano come la ‘Stalingrado’ del Pd per fermare l’avanzata Salviniana… In campagna elettorale andranno utilizzate e spiegate le parole chiave ‘legame col territorio’, ‘buon governo’, ‘serietà delle amministrazioni’ ecc. Se funzionerà, allora il passaggio successivo sarà mettere a sistema tutte le pratiche e scelte positive per costruire un progetto politico coerente che porti valore dal locale al nazionale ma anche dal nazionale al locale, perché il livello nazionale e quello locale sono integrati e interagenti.

Un esempio pratico di pratiche positive che coinvolgono e interessano i cittadini lo ha fornito proprio la Regione Emilia-Romagna quando ha proceduto, richiamandosi all’art. 116 della Costituzione, a richiedere l’autonomia differenziata a livello amministrativo.