Pubblicato su corriereromagna.it il 9 agosto 2019

Ci sono leggi o parti di esse che nonostante siano pensate per favorire la crescita in realtà la ostacolano. Una di queste è l’articolo 10 del decreto crescita, quello che regola l’applicazione dell’ecobonus, cioè la detrazione di cui cittadini possono beneficiare nel caso eseguano nella propria abitazione interventi volti al risparmio energetico. L’ecobonus non è un’invenzione di questo governo, per capirci, ma l’esecutivo ha deciso di introdurre un cambiamento importante: i costi non saranno detratti dai cittadini nella dichiarazione dei redditi, ma saranno le imprese che eseguono i lavori che dovranno anticiparlo. E qui ecco l’ostacolo, che dimostra come il governo ignori, o faccia finta di ignorare, come funzioni il nostro Paese e, nello specifico, quale sia il suo tessuto imprenditoriale.
Le aziende che si occupano di questi interventi di adeguamento energetico delle abitazioni sono per la stragrande maggioranza di piccole dimensioni, quando non addirittura ditte individuali. È chiaro, non serve essere un ministro per capirlo, quali difficoltà incontrino nel momento in cui debbano farsi carico di anticipare lo sconto nella fattura che presentano al cliente, dovendo provvedere a pagare i fornitori e i dipendenti in attesa che la somma venga loro rimborsata come credito d’imposta utilizzabile in compensazione. Insomma, sulle imprese ricadrebbe un onere finanziario che per la maggior parte di loro è insostenibile.
Questa situazione può determinare diversi scenari: il primo è di agevolare le imprese più grandi, quelle che sono in grado di sostenere una gestione finanziaria e di avere sostegno dalle banche, mettendo in crisi piccole imprese artigianali. Le quali, vale la pena sottolinearlo di nuovo, sono una componente importante dell’economia italiana. E lo sono da sempre. L’altra ipotesi è che una piccola azienda, messa di fronte all’impossibilitò di aggiudicarsi un lavoro, decida di aggirare la legge.
Come consigliere regionale, ogni settimana dedico una giornata a incontrare le imprese e i lavoratori: nelle ultime settimane ho registrato un forte allarme da parte del settore artigianale e questo mi ha permesso di capire cosa e quali effetti genererà il provvedimento. Per questo motivo ho sostenuto l’urgenza di un incontro della commissione politiche economiche della Regione Emilia-Romagna con Confartigianato e Cna regionali per decidere una strategia comune. Si è deciso di chiedere ufficialmente alla Regione di attivarsi in sede nazionale perché l’articolo venga modificato.
Per quanto mi riguarda comunque continuerò a impegnarmi in sede istituzionale dando il mio contributo nella stesura di atti che impegnino formalmente la Regione a proseguire questa battaglia. Credo che l’attività politica indipendentemente dal partito di appartenenza passi anche dalla testimonianza quotidiana sulle priorità del nostro Paese, a cominciare dal sostegno alle imprese dalla salvaguardia dell’occupazione.
Stiamo parlando di un settore che produce ricchezza per i territori e i numeri lo confermano. Stando ai dati condivisi da Tiziano Samorè, direttore di Confartigianato della provincia di Ravenna, durante l’incontro organizzato per presentare l’impatto dell’articolo 10 del decreto crescita sulle imprese artigiane, l’anno scorso gli investimenti sul miglioramento energetico delle abitazioni in provincia di Ravenna sono stati di oltre 40 milioni di euro, con una spesa procapite di 103,7 euro. Un risultato che vede Ravenna al secondo posto in Regione. Se guardiamo ai dati nazionali, nel 2018 secondo l’Ente nazionale efficienza energetica sono stati realizzati 334.846 interventi per una spesa di oltre 3,3 miliardi di euro.
Questi dati da soli spiegano perché sia urgente intervenire per cambiare una legge che mette in difficoltà un settore che stava producendo questi tipo di risultati.
Tra le azioni già messe in campo in questa direzione c’è quella che mi ha annunciato il presidente di Cna Ravenna, Marcello Monte, durante un incontro per discutere il problema: la sua associazione ha promosso una petizione online per l’abrogazione dell’art. 10 del decreto crescita.
Il primo requisito della buona politica è di introdurre provvedimenti che aiutino la crescita delle comunità, che siano dalla parte dei cittadini. Ora, l’articolo 10 può anche essere visto come un beneficio per chi commissiona i lavori, ma sicuramente non lo è per chi deve eseguirli. Mentre col vecchio modello di ecobonus alla fine c’era un beneficio per tutti, con questo una parte di cittadini, quelli che operano o sono titolari delle piccole imprese, vengono chiaramente penalizzati.