Pubblicato su Energiaoltre.it il 17 settembre 2019

di Andrea Muratore

 

L’Italia deve pensare a una seria politica energetica per mediare con il tempestoso contesto internazionale

Un colpo durissimo quello subito dall’Arabia Saudita con l’attacco dei ribelli yemeniti ai due impianti strategici del settore petrolifero che processano circa la metà del greggio del Regno. Secondo gli esperti sauditi, la produzione petrolifera nazionale da 10 milioni di barili al giorno è stata quasi dimezzata e questo impatterà per diversi mesi sui mercati delle commodities. Escludendo circa il 5% del petrolio mondiale estratto ogni giorno dal mercato, l’attacco degli Houti ha causato la più drastica contrazione improvvisa della disponibilità di greggio della storia, superiore agli shock causati dalla Rivoluzione iraniana (1979) e dall’invasione irachena del Kuwait (1990).

Casa Saud è in panico, incolpa l’Iran e vede messe a repentaglio le prospettive di quotazione del colosso Aramco, che si dimostra vulnerabile ai marosi geopolitici del Medio Oriente che, in larga misura, sono legati all’effetto destabilizzante di Riad. Gli Houti hanno perlomeno risparmiato uno shock totale colpendo a mercati chiusi. Nella giornata di domenica l’economista Davide Tabarelli riteneva possibile un’impennata del prezzo del greggio fino a oltre 100 dollari al barile all’apertura borsistica di lunedì. Il Brent ha si conosciuto un’apertura record (+20% a 71 dollari) senza tuttavia toccare i picchi temuti.

Questo perché i mercati scontano il timore di una fase di incertezza duratura. Si interiorizza subito una crescita dei prezzi che rischia di diventare il new normal e che sarà pagata fortemente dai Paesi consumatori e importatori di petrolio. Tra cui c’è anche l’Italia. Che dal rincaro del petrolio rischia una vera e propria stangata.

IL PREZZO DELLA CRISI

Accise, tasse e deduzioni di vario tipo fungono da importante condizionamento, ma il primo rincaro che i consumatori italiani si ritroveranno a dover affrontare sarà nel prezzo della benzina. Il prezzo registrato alle pompe segue a breve distanza la crescita del greggio sui mercati internazionali, e uno shock come quello del 14 settembre non passerà inosservato.

Del resto, una vera e propria valanga potrebbe seguire. Come fa notare il Corriere della Sera, “in un Paese come l’Italia dove l’85% dei trasporti commerciali avviene per strada, l’impennata del costo del petrolio e il conseguente rincaro dei carburanti ha un ‘effetto a valanga’ sulla spesa con un aumento dei costi di trasporto oltre che di quelli di produzione, trasformazione e conservazione”.

La dipendenza italiana dal petrolio saudita e dalle scosse dei mercati energetici globali si è intensificata dopo che nella scorsa primavera il nostro Paese, adeguandosi alle decisioni statunitensi, ha completamente cessato gli acquisti di quel greggio iraniano che fungeva da valvola di sfogo per la produzione eccedente su scala internazionale, contribuendo alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento.

Vi è poi da tenere sotto controllo il tema degli equilibri geopolitici regionali, perturbati dall’attacco agli impianti sauditi: il prezzo del petrolio, persino del Brent estratto nel Mare del Nord, è un termometro della tensione tra gli attori politici mediorientali, oggi giunta a un preoccupante livello di guardia, stando alle dichiarazioni bellicose di sauditi e iraniani, che nello Yemen conteso combattono una guerra per procura.

UNA NUOVA POLITICA ENERGETICA PER L’ITALIA

In questo contesto, l’Italia deve pensare a una seria politica energetica per mediare con il tempestoso contesto internazionale. E in questo calcolo sarebbe prioritario ricordare come la vulnerabilità del Medio Oriente renda sempre più complicato contare sul petrolio come fonte energetica affidabile. Non a caso nel mix energetico nazionale il petrolio è stato sopravanzato dal gas naturale, “energia del futuro” secondo l’esperto Gianni Bessi che vi ha dedicato un saggio.

La tesi di Bessi è che dal mix energetico tra gas naturale e rinnovabili e dal progressivo superamento del petrolio l’Italia potrebbe fortemente beneficiare. Non a caso i fatti di questi giorni sembrano dargli pienamente ragione. La partita energetica globale è una sfida complessa ma all’Italia servono scelte politiche decise e determinanti per il futuro dell’economia nazionale e del nostro posizionamento geopolitico. Certo, per risolvere i temi legati alla dipendenza da petrolio della nostra economia alla transizione energetica dovrà essere necessariamente affiancata una politica infrastrutturale volta a decongestionare il traffico commerciale su gomma nel Paese, ma la gamba energetica dell’impalcatura rimane quella centrale. Capire con che mix energetico un Paese voglia alimentare la sua economia è vitale per mettersi al riparo dagli effetti di shock che possono causare danni incalcolabili: la crisi saudita è uno di questi casi. Nei prossimi mesi potremmo pagare a duro prezzo, in termini di consumi e costo di prodotti e servizi, la mancanza di visione della nostra classe dirigente in materia.