Pubblicato su StartMagazine.it il 27 ottobre 2019

L’articolo di Gianni Bessi, consigliere regionale Pd in Emilia-Romagna e autore del saggio “Gas naturale – l’energia di domani” (Innovative Publishing)

House of zar da tempo segue boots on the ground la ‘pista bulgara’ dell’oro azzurro. Forte delle delusioni degli anni passati in materia di approvvigionamento energetico, la Bulgaria deve cogliere al volo l’opportunità che l’Interconnector Grecia Bulgaria (IGB) venga effettivamente realizzato ben sapendo i motivi per cui il ‘leg’ dalla Grecia, con portata da 3 a 5 bcm/annui, risulti importante.

L’IGB è stato a lungo sospeso in querelle geopolitiche. Annunciato pomposamente come parte chiave del corridoio BRUA (Bulgaria-Romania_Ungheria-Austria), IGB in realtà non è mai decollato, presumibilmente a causa delle ricorrenti esitazioni bulgare, dello scarso interesse della Grecia nel favorire l’avanzamento dell’interconnessione e delle comuni ambizioni dei due Paesi nell’assurgere ad hub fisico per il mercato balcanico del gas.

L’IGB porterà una reale diversificazione delle fonti di importazione di gas nella regione, consentendo al Paese delle rose (e successivamente ai Balcani occidentali, all’Ungheria e alla Romania) di accedere al GNL dai terminali greci e ad un variegato cocktail di gas azero via TAP-TANAP (una volta completato), iraniano, turkmeno e naturalmente russo dal sempre più vicino TurkStream. In secondo luogo, il gasdotto potrebbe anche garantire in modo inverso (reverse flow) un importante sviluppo delle fonti di importazione per la Grecia, portando il gas del Mar Nero anche dai giacimenti offshore della Romania.

Incessante su questo dossier è il lavoro del premier Boyko Borissov che ha interpretato, dalla sua presidenza di turno dell’Ue 2018 ad oggi, il ruolo di baluardo del gruppo dei Paesi dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia Herzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia e Kosovo) che non fanno parte dell’unione.
E la metanizzazione dell’area balcanica è uno dei più importanti obiettivi comuni come confermato dal vicepremier del
Montenegro Milutin Simovic all’apertura dei lavori della settima edizione del Summit dell’industria del petrolio e del gas
dei Balcani che si è svolta recentemente a Budua.

Lavoro che la Commissione europea ha riconosciuto dando il prezioso giudizio che l’IGB rafforzerà la concorrenza nell’approvvigionamento di gas nella regione e, fatto di non secondaria importanza, conferma l’esenzione dalle norme di accesso a terzi sulla capacità prenotata così come da tariffe regolamentate per la capacità totale del gasdotto, per un periodo di 25 anni, con grande gioia di azionisti ed investitori.

Le azioni della IGB Project Company sono equamente suddivise tra la BULGAR ENERGY HOLDING EAD (100% di proprietà del Ministero bulgaro dell’Economia e dell’Energia) e l’IGI POSEIDON S.A. (le cui quote sono detenute pariteticamente dalla greca DEPA S.A. e dall’italiana Edison SpA).
IGB è comunque progetto secondario per Grecia e Bulgaria rispetto al loro reale obbiettivo.

Entrambi i paesi sperano che l’ulteriore rotta di transito che Gazprom decida con forza di utilizzare per superare l’Ucraina, dopo il 2019, approdi sul loro territorio garantendo in tal modo una posizione privilegiata nelle forniture energetiche del vecchio continente pari almeno a quella della Turchia di Ordogan, vicina tanto scomoda quanto invidiata in materia.
Insomma i destini di Atene, Sofia e Istanbul e dei suoi protagonisti sulle questioni relative al rifornimento energetico si intrecciano sempre con la potenza energetica della III Roma della cristianità. E del suo novello Czar.