Pubblicato su Formiche.it il 21 dicembre 2019

di Gianni Bessi

 

Serve una programmazione, una politica seria, una strategia di transizione verso l’economia circolare che ci metta nelle condizioni di gestire in modo moderno rifiuti, acqua, risorse energetiche. Questa sfida riguarda il futuro di tutti noi: un mondo pulito dove il benessere è garantito da un’industria pulita

L’economia circolare, che secondo le definizioni canoniche è quella che si può rigenerare da sola producendo il minimo indispensabile di rifiuti non riciclabili, è finalmente diventata un concetto famigliare a tutti. Se c’è una certezza è che i processi di sviluppo futuri potranno procedere solo in questa direzione: ovviamente questo pone anche domande a cui è importante trovare risposte. Una delle più importanti è come deve cambiare il mondo industriale per assicurare la sostenibilità ambientale.

La risposta, o comunque una delle risposte, è che impegno ecologico e produzione industriale possono coesistere, anzi ‘debbono’ farlo perché la difesa dell’ambiente può essere assicurata solo da persone che ci vivono in una condizione di benessere: questo può essere garantito solo dalla presenza di un’attività produttiva ‘sostenibile’ e, quindi, di un’economia circolare. Certo la scelta di puntare sulla green economy ha bisogno di passaggi che sono tecnici, il che vuol dire investimenti, ma anche culturali: per questo servirebbe una presa di posizione risoluta del governo, che deve costruire un piano industriale innovativo all’altezza di quelli che sono già stati decisi e concretizzati in altri Paesi.

Il gioco vale la candela: oltre all’effetto di intervenire finalmente sullo stress a cui è sottoposto l’ambiente – gli effetti dei cambiamenti climatici, nonostante i negazionisti, sono sotto gli occhi di tutti – ce n’è anche uno economico di rilevanza assoluta. Nel prossimo decennio l’economia circolare è in grado di fare nascere attività per oltre 25 trilioni di dollari, per un totale di 65 milioni di posti di lavoro. I numeri non mentono e non bisogna più perdere tempo, pena il rischio di restare indietro ed essere condannati al declino industriale. Sono molti esempi di come l’approccio green possa produrre benefici molteplici: come ha ben sottolineato l’amministratore delegato di Hera, Stefano Venier, affrontando uno dei temi più delicati in questo momento, cioè quello della produzione di plastica, esistono tecnologie avanzate che permettono il riciclo molecolare, una procedura con la quale incrementare di molto la quota di materiale rigenerato.

E l’economia circolare può trovare applicazioni in agricoltura, grazie a tecnologie che sono in grado di trasformare i componenti organici in biocombustibili e nutrienti per il suolo. Quest’ultimo è un esempio che dimostra come esistano già i presupposti per costruire una filiera innovativa nell’agroalimentare che permetterebbe di rilanciare uno dei settori centrali della nostra economia. La sostenibilità ambientale quindi deve essere il nostro principale obiettivo per il futuro, ma ci sono modi differenti di raggiungerlo, uno dei quali è passare gradualmente dal modello tradizionale di industria a quello ‘green’ senza shock e senza creare vuoti. Qui entra in gioco la politica, la ‘buona politica’, cioè quella che prende decisioni lungimiranti e che producono effetti positivi per tutta la società. Le scelte per adottare una strategia di sostenibilità, basata sull’economia circolare, debbono essere fatte in fretta.

Cambiando atteggiamento rispetto a quello che si è fatto per il settore energetico, dove un ecologismo di facciata ha portato a mettere in crisi il settore delle estrazioni di gas naturale italiano, quello che oltre a consentirci di alleggerire la nostra bolletta energetica garantisce occupazione a migliaia di lavoratori. Oppure evitare di definire l’impegno ecologico per decreto. Come si è tentato di fare con l’ultima legge Finanziaria, cioè puntando sulla tassazione e non sull’investimento in tecnologie all’avanguardia, rischiando di produrre nuova disoccupazione e quindi, in nome di un ecologismo politicamente corretto, nuove disuguaglianze. Concludendo, serve una programmazione, una politica seria, una strategia di transizione verso l’economia circolare che ci metta nelle condizioni di gestire in modo moderno rifiuti, acqua, risorse energetiche. Questa sfida riguarda il futuro di tutti noi: un mondo pulito dove il benessere è garantito da un’industria pulita.