Pubblicato su StartMagazine.it il 21 marzo 2021

di Gianni Bessi

Perché idrogeno e CCSU (Carbon capture storage and utilisation) devono rientrare in uno sforzo di ricerca, sviluppo tecnologico ed efficienza energetica finalizzata a specifici campi, specifici settori e specifiche aree del Paese. Il post di Gianni Bessi

Quando ho letto su uno dei quotidiani di Ravenna un articolo sulla CCSU (Carbon capture storage and utilisation) ho capito che il tema era più vicino alle comunità locali di quanto avessi pensato: insomma, la Cattura di CO2 insieme all’idrogeno sono le due grandi speranze o opzioni esplorate e da realizzare per la futura decarbonizzazione. L’idrogeno mi sembra raccolga grandi consensi e paladini. La CCSU invece divide un po’.

Sono tanti i report, le analisi, le relazioni che alternano esaltazioni e critiche feroci, ma sicuramente sia le potenzialità sia le criticità irrisolte e da superare esistono per entrambe le tecnologie.

Prendiamo la ‘prima speranza’, quella che ha solo consensi. Per quanto ciclicamente passi dall’ombra ai riflettori, l’idrogeno raccoglie una pioggia di interventi che ipotizzano come imminente una rivoluzione che lo veda protagonista. Sul piano logistico la sua concretizzazione, cioè produrre, trasportare, stoccare e distribuire in scala industriale, vede costi enormi da superare. Una rivoluzione per essere tale deve avere una data di inizio. Quando sarà quella dell’H2?

Oggi chi produce l’idrogeno? L’industria petrolifera. E svolge anche un ruolo importantissimo per migliorarne i suoi (preziosi e insostituibili nei nostri consumi) derivati. E sempre oggi il 95% dell’idrogeno prodotto deriva dalla lavorazione del Re Petrolio e dai sui cugini carbone e gas.

Se fosse possibile una sua produzione standard e a grandi volumi pensiamo forse che queste compagnie non ne farebbero il loro core business? Per quale motivo non dovrebbero?

Ed è da qui che nascono le narrazioni sul conflitto di interessi delle oil company ecc ecc, che però dimenticando il fatto più semplice. Se c’è un utile o un profitto qualcuno che s’imbarca in una rivoluzione nella storia ci sarà sempre. Eppure nel nostro caso c’è qualcosa che non va o che non viene risolto?

E così arrivo ai costi (e altre problematiche) e qui viene fuori in automatico un altro ragionamento. Ma se con l’idrogeno si raggiunge l’obiettivo Zero Carbon, e quindi zero inquinamento, gli alti costi produttivi non verrebbero compensati dai grandi risparmi possibili in alcuni settori grazie alla riduzione dell’inquinamento, tipo quello socio-sanitario. Quindi… la risposta deve essere sempre ritrovata nei complotti diretti nell’ombra dal Re Petrolio e dai sui cugini…

Ecco poi che la seduzione dell’idrogeno resta irresistibile, anzi diventa un acceleratore rivoluzionario quando viene accompagnata dalla sua produzione grazie alle rinnovabili.

Ma anche qui vanno fatti bene i conti. Con le rinnovabili costa ancora di più produrlo: quindi?
La risposta potrebbe essere che se anche la produzione di idrogeno ha costi altissimi, i mostruosi costi ambientali risparmiati compenserebbero lo sforzo. Allora avanti con le rinnovabili. E anche qui chi ha il know how per produrre idrogeno? Chi ha mezzi, uomini, risorse se non le compagnie petrolifere? E si ritorna al complotto.

Poi c’è sempre ‘l’obiezione nucleare’, nel senso letterale: l’idrogeno forse è meglio produrlo grazie all’energia prodotta con la fissione dell’atomo. È questa la formula giusta per raggiungere l’impatto zero? C’è chi lo sostiene.

A quel punto la CCSU non servirebbe più, perché a impatto zero è zero anche la CO2: la nostra Regina del dibattito globale tra le proposte di ‘dazi’ del carbon border mechanism dell’Ue con lo stop di Kerry durante la sua visita a Bruxelles e con quotazioni odierne della CO2 al massimo storico che puntano stabilmente sopra ai 40€.

Il 60% della CO2 è prodotta dall’uomo ed è il risultato della combustione del Re e dei suoi cugini…

È tutta questa CO2 sarebbe meglio da una parte prevenirla con l’efficienza energetica, dall’altra catturarla vista la diffusione di tantissime fonti di produzione. Ironicamente, anche qui le problematiche sono le stesse dell’idrogeno: i costi, la logistica, ecc ecc.

Tornando alla premessa, tanti parlano di idrogeno e di CCSU, ma chi ci lavora da anni a livello industriale (e non solo a livello di R&S) sono quelli di Eni e pochi altri…

Finalino: finiamo per cadere sempre nella classica trappola energetica dove non si può produrre energia a basso costo ma anche sostenibile ambientalmente e a saldo zero. Ecco perché idrogeno e CCSU devono rientrare in uno sforzo di ricerca, sviluppo tecnologico ed efficienza energetica finalizzata a specifici campi, specifici settori, specifiche aree del Paese. Nessuna tecnologia va scartata a priori. Quindi le due grandi speranze insieme ad altre risorse o tecnologie possono aiutarci ad uscire dalla trappola energetica della società del Re Petrolio.

Servirebbe uno sforzo complessivo, cioè un’alleanza e un impegno di risorse, menti, forza politica di Europa e Stati Uniti, simile al progetto Apollo per lo sbarco sulla luna, per concretizzare quella che sarebbe una vera e propria rivoluzione sociale prima che energetica o industriale.

Appuntamento a Glasgow per la prossima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici dal 1 al 12 novembre 2021.