di Gianni Bessi

Pubblicato su Economia Finanza Il Messaggero.it il 18 dicembre 2015

La discussione sulle ‘aziende partecipate’ e sulla legge quadro proposta dal Ministro Madia che dovrà regolare la loro attività è entrata nel vivo. Anche se per ora il tema che pare più sentito è quello degli assetti dei vertici di queste imprese – che sono strategiche per l’economia del Paese, non dimentichiamolo – e di quanti membri dev’essere composto il Consiglio di amministrazione. Tutti argomenti importanti, ma forse ce n’è uno più ‘urgente’. Ed è cosa c’è bisogno che facciano queste nostre aziende partecipate, cioè come pensiamo che debbano interpretare il ruolo di aziende pubbliche, visto che sono ancora, mi si permetta la forzatura, di proprietà dei cittadini. E perché continuino a produrre welfare di qualità per i territori.

Di qui l’esigenza che il Governo Renzi compia una scelta forte. Che affidi al network di aziende pubbliche la missione di operare in sintonia per aiutare la ripresa dell’economia italiana. Come? Sarebbe facile rispondere ‘come fanno quelle coreane’, che sono organizzate in filiere lunghe e, grazie a questo, sono uno dei pilastri del sistema economico. Ma basterebbe anche una ‘via italiana’: la creazione di una cabina di regia super partes – che quindi operi a livello superiore rispetto ai singoli cda – all’interno della quale dovrebbe esercitare un ruolo primario la Cassa depositi e prestiti, che il Governo ha identificato come lo strumento in grado di fornire le risorse economiche per portare avanti strategie di sviluppo. Ovviamente, tutto ciò senza che la CDP diventi una nuova IRI. Mi ripeto, perché il punto è importante e mi pare sia il caso di insistere: abbiamo bisogno di mettere a punto un ‘Progetto Italia’, una “cabina di regia” di respiro nazionale che sappia valorizzare il capitale rappresentato dalle imprese partecipate – dai campioni nazionali come Eni, Saipem, Versalis, Enel, Finmeccanica pare andare alle grandi Municipalizzate e alle Fiere – che hanno competenze e know how di valore internazionale. Un Piano che sappia approfittare di alcuni elementi favorevoli della congiuntura economica (a cominciare dal Quantitative easing della Banca centrale europea) per costruire una strategia che agganci la ripresa.

La cabina di regia del Paese a cui penso dovrebbe essere in grado di mettere le partecipate nelle condizioni di operare come un sistema coerente, utilizzando una moderna politica di governance e coinvolgendo anche la rete dell’indotto. Non è la proposta di tornare alle storiche partecipazioni statali, che abbiamo giustamente riposto nel cassetto della storia, ma di costruire una politica di lungo respiro, che utilizzi il capitale di imprese e competenze per il prestigio industriale – e la ricchezza – del nostro Paese. Come fanno i sistemi nazionali con cui ci troviamo a competere.

Gli strumenti, le modalità da utilizzare per creare un network di aziende a partecipazione pubblica competitivo possono essere diversi. Ne indico uno: le strategie che le riguardano non possono essere gestite, e questo vale anche per l’azionista MEF, solo rispondendo all’esigenza di realizzare performance finanziarie. Invece vanno coinvolte nella difesa del welfare, inteso nella sua accezione più larga, cioè come strumento di creazione di ricchezza diffusa.

Una ripresa virtuosa degli investimenti, considerata la dimensione delle aziende di cui stiamo parlando, e ancora di più del sistema industriale che costituiscono, sarebbe la più grande opportunità per il nostro Paese di concretizzare la ripresa. In primo luogo le banche saprebbero finalmente dove destinare l’enorme liquidità accumulata grazie al Quantitative Easing della BCE, mentre il sistema manifatturiero italiano potrebbe trovare in questi investimenti il volano tanto atteso della ripresa economica. Il tutto, come ho già accennato, può funzionare a patto che vi sia, come accennavo, una sapiente regia pubblica, la quale garantisca, nell’ambito di una visione di lungo periodo, gli interessi degli azionisti, pubblici e privati, cosi come del sistema produttivo del Paese, dove le commesse dovrebbero essere destinate. E soprattutto salvaguardi il ruolo sociale delle imprese.

Stabilito questo, non ha importanza che la responsabilità di questa ‘sapiente regia pubblica’ sia in carica al MEF, a Palazzo Chigi, alla CDP o a un consiglio direttivo che sappia mixare tutti questi soggetti.