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APPELLO AI CASCHI GIALLI
CI MOBILITIAMO CONTRO LO STOP A 5 STELLE SU TRIVELLE E DINTORNI?


l governo sta facendo un gran favore a Putin, Trump e a tutti i Paesi produttori di risorse energetiche. Un paradosso? No, perché con l’ultimo provvedimento che di fatto sospende per tre anni i permessi di prospezione, ricerca e di coltivazione di idrocarburi, di fatto l’Italia si sfila dalla competizione nel settore e decide di affidarsi per la produzione di energia esclusivamente a fonti importate.
E pensare che proprio il Movimento 5 Stelle ha accusato a lungo i difensori dell’esigenza di aumentare la produzione nostrana di gas di essere al servizio delle multinazionali. Oggi le multinazionali del settore ringraziano sentitamente l’esecutivo giallo-verde per questo regalo inaspettato. Insomma più Gazprom per tutti, parafrasando un fortunato slogan di Berlusconi.
A questo segue un’amara constatazione, cioè che ancora una volta abdichiamo a sostenere un’attività industriale in cui siamo all’avanguardia nel mondo, che dà lavoro a migliaia di persone e che permette a migliaia di famiglie di vivere e pagare le tasse. E questo contrariamente ai dati inesatti forniti da esponenti della maggioranza che puntano a minimizzare l’impatto del settore definendolo marginale. Bene, è così marginale che solo in Emilia-Romagna l’occupazione diretta o indiretta è pari a 10mila unità.
Dopo la constatazione arrivano le domande che pongo a questo Governo anche a nome di tutti i lavoratori italiani del settore, che ho avuto il privilegio di conoscere e di ascoltare. Dei progettisti, dei tecnici, delle maestranze che hanno competenze di livello internazionale e che grazie a una formazione di livello continuano a essere protagonisti di un processo di innovazione energetico.
La prima è come impatta questo emendamento sulle autorizzazioni, in essere o in attesa, e di conseguenza sullo sviluppo del distretto Adriatico che almeno fino a ieri poteva contare su 2 miliardi di investimento dell’Eni per l’estrazione di 4 miliardi di mc/anno di gas naturale italiano. Quel gas naturale, vale la pena ripeterlo, che è la fonte fossile che il COP21 di Parigi ha convenuto dovesse fare parte del mix energetico per attuare la transizione verso l’utilizzo di sole fonti rinnovabili.
E poi cosa intende rispondere il Governo alle migliaia di lavoratori, che ogni mattina, indossando il proprio casco giallo, lavorano onestamente nelle ormai definitivamente demonizzate piattaforme a cui sta costruendo un futuro incerto – per usare un eufemismo – e che definisce ‘marginali’? Su che cosa intende basare la politica industriale italiana? E soprattutto con che cosa intendono pagarla, nel momento in cui si mettono i settori trainanti dell’economia nazionale nell’impossibilità di svilupparsi e produrre ricchezza?
E gli investitori dove andranno? Lo stop alle trivellazioni deciso del Governo non ha impatto sull’ambiente: oppure pensiamo che le operazioni di estrazione che Croazia, Montenegro e Grecia continueranno a portare avanti grazie agli investimenti stranieri possa essere evitate con un pezzo di carta firmato dal ministro dell’ambiente? Lo stesso ministro che ha dichiarato che non firmerà mai, a prescindere, alcun permesso di prospezione e ricerca. Signor ministro, in una democrazia di solito non si prendono decisioni a prescindere, ma dopo avere ascoltato le ragioni delle parti in causa e aver valutato se esistono o meno rischi. E poi, se siamo certi che sia in corso un attentato all’ambiente, perché la magistratura non viene coinvolta? Siamo alla presenza di un reato e, ancora una volta la democrazia funziona così, si deve procedere con le inchieste.
Un’altra domanda. La transizione verso l’utilizzo per la produzione di energia da sole fonti rinnovabili, condizione che non è proprio dietro l’angolo, come verrà sostenuta? Con l’acquisto di gas dall’estero con conseguente aggravio della bilancia dei pagamenti? Il nostro gas è a chilometro zero, è la risorsa fossile più pulita e ha anche un impatto ambientale minore visto che non ha bisogno di utilizzare una filiera dei trasporti ‘pesante’ e inquinante (pipeline, navi gasiere ecc.).
E poi si prosegue a dare l’immagine di un’Italia dove un comitato può bloccare l’economia del Paese. Dove il benessere comune, la crescita che permetterebbe di fare ripartire un’economia sgonfia – e pagare forse anche dei redditi di cittadinanza più consistenti – viene messo in crisi da opposizioni di principio, ideologiche. Allora, caro Governo, chi investirà mai più in Italia e non solo nel settore del gas naturale? Perché lo stesso principio potrebbe essere applicato a qualsiasi altro settore produttivo: all’agricoltura, alla metalmeccanica alla chimica fine ecc.
Rammento quando il primo ministro ha ricevuto gli amministratori delegati delle aziende partecipate per chiedere ragione dei piani di investimento. Fra di essi c’era anche Claudio Descalzi, che aveva presentato un piano consistente, in grado di fare ripartire l’economia di diversi territori, fra cui quelli che si affacciano sull’Adriatico grazie a due miliardi di risorse. Era solo una passerella?
Non so se queste domande troveranno una risposta, ma ritengo che i lavoratori italiani del settore ne abbiano diritto perché sono, come disse una volta Beppe Grillo, i ‘datori di lavoro del Governo’. E penso che, come è diritto di ogni cittadino che viva in una democrazia, debbano cominciare a fare sentire la propria voce, a domandare al Governo rispetto per il proprio lavoro, per le proprie competenze, per la propria vita.
L’impressione è che non servano le spiegazioni logiche a chi non vuole sentire.
Vorrei che i ‘caschi gialli’, insomma le migliaia di laureati, tecnici, maestranze, si mobilitassero per andare sotto i palazzi del potere e chiedere ai nostri rappresentanti, a chi governa la cosa pubblica, di fare il loro lavoro allo stesso modo in cui questi lavoratori ogni giorno fanno il proprio.
E io sarò al loro fianco.
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Gianni Bessi
Consigliere Pd alla Regione Emilia-Romagna
 
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