Bessi, Rontini, Bagnari: “il Governo faccia chiarezza sulle politiche energetiche nazionali”. Chiesto anche un tavolo in Regione

Fermare subito l’emendamento “blocca trivelle”, indicare con chiarezza la strategia energetica nazionale e istituire un tavolo in Regione per condividere le politiche energetiche. Queste sono le richieste fatte al Governo e contenute in un documento firmato in municipio dall’amministrazione comunale di Ravenna, dalle aziende, dai sindacati e dalle associazioni di categoria. All’incontro erano presenti anche i consiglieri regionali Gianni Bessi, Manuela Rontini e Mirco Bagnari che condividono la necessità di fare chiarezza nelle politiche energetiche nazionali.

«La proposta di emendamento al DL Semplificazioni che riguarda il settore upstream – spiegano i consiglieri – prevede, in particolare, la moratoria fino a tre anni dei permessi di prospezione e ricerca di giacimenti già rilasciati e dei nuovi permessi, l’elevamento considerevole dei canoni concessori a carico delle compagnie e la soppressione del riconoscimento dell’upstream come “attività di pubblica utilità” rappresenta uno scenario che sta destando molta preoccupazione nelle aziende e nei lavoratori di un settore strategico per il nostro territorio». 

I consiglieri PD aggiungono: «nella totale assenza di confronto da parte del Governo con aziende e mondo del lavoro e a fronte delle richieste dell’amministrazione e delle parti sociali di condividere questo documento a livello regionale, ci siamo attivati fin da subito. Grazie anche alla collaborazione dell’assessore Palma Costi, riteniamo necessario istituire un tavolo regionale, in quanto l’emendamento, di fatto non incentiva né il risparmio energetico né la produzione di energia da fonti rinnovabili. Le incertezze del governo penta-leghista rischiano di compromettere investimenti in un settore industriale in cui siamo all’avanguardia nel mondo. Inoltre, costringono l’Italia a dipendere esclusivamente da fonti importate e penalizzano pesantemente la produzione interna di gas naturale e costringendo il Paese alla dipendenza delle multinazionali».

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