Pubblicato su Formiche.it il 24 giugno 2020
di Gianni Bessi
La scelta di Ravenna come sede del più grande impianto di stoccaggio di CO2 del mondo, grazie al progetto di Eni è una notizia più che buona. Anche se porta con sé un retrogusto amaro. Ecco perché

Economia circolare.

L’annuncio fatto dal primo ministro Giuseppe Conte sulla scelta di Ravenna come sede per il più grande impianto di stoccaggio di CO2 del mondo, grazie al progetto che Eni aveva già anticipato all’inizio dell’anno (quindi, come ormai contiamo il tempo, nell’era pre Sars Cov 2…), è una notizia più che buona. Anche se porta con sé un retrogusto amaro che poi spiegherò.

Ma cominciamo con la buona notizia, che di questi tempi è merce rara. La realizzazione a Ravenna di questo centro per il sequestro e stoccaggio della CO2 è intanto un riconoscimento della posizione di avanguardia che Ravenna e l’Emilia-Romagna si sono conquistate nel settore dell’economia circolare e del recupero di materiali, ma anche nella transizione energetica basata su un mix di rinnovabili e gas naturale. Il concetto chiave è: l’avanguardia deve diventare la normalità. L’emergenza ci ha spinto a una riflessione che avevamo rinviato per troppo tempo: la modernizzazione del Paese può passare solo da un cambiamento di paradigma industriale e tecnologico che sia coerente con il piano, ancora più ambizioso, dell’Unione europea, cioè il Green new deal.

L’impianto di stoccaggio è già un simbolo degli intenti del governo di rispettare le promesse fatte a livello di Ue: le risorse economiche che ci verranno destinate serviranno non solo a riparare i danni, che sarebbe alla fine non risolutivo, ma a mette in pratica un piano ambizioso di ripartenza. Servono, ovviamente non solo annunci sensazionali, ma concretezza. E per ora, vengo al retrogusto amaro, che riguarda la posizione contraddittoria di entrambi i governi a guida Giuseppe Conte sul ruolo del gas naturale nel futuro del nostro Paese, una risorsa che proprio a Ravenna alimenta – alimentava? – uno dei sistemi imprenditoriali più avanzati sia tecnologicamente sia dal punto di vista dell’occupazione. In sintesi, non è ancora chiaro se l’Italia intende puntare sul gas naturale, che è fonte energetica compatibile con la transizione energetica come è stato definito anche a livello di Unione europea. In realtà non ci possiamo permettere di rinunciare al gas ed è per questo che la posizione continua a rimanere ambigua.

Concretezza si diceva. Nel senso che si deve procedere in tempi brevi a definire un progetto di sistema sulla green economy che, almeno per quanto riguarda lo specifico di Ravenna, preveda le energie rinnovabili, l’estrazione di gas naturale dall’Adriatico, lo stoccaggio della CO2, il recupero di materiali e altro ancora. Un progetto che funzioni come un palinsesto, adeguabile alle diverse situazioni del Paese. E che permetta all’Emilia-Romagna e a Ravenna di diventare una piattaforma di green energy&material made in Italy, usando l’inglesismo che va molto di moda. Un progetto organico con la consapevolezza che transizione energetica, bioeconomia, economia circolare o green energy sono concetti che esprimono valore solo se affiancati da capacità e conoscenza industriale, finanziaria e culturale. Su Formiche.net sono intervenuto su come usare le risorse liberate visto il nuovo contesto europeo delle decisioni della commissione Europea e della Bce per la fase 2 individuando le potenzialità anticicliche d’investimento per le infrastrutture di rete delle risorse idriche, dell’ambiente e dell’energia.

Ravenna dispone, oltre che di un distretto industriale già potenzialmente green, anche di una piattaforma logistica di grande potenzialità, l’hub portuale rinnovato che insieme all’approfondimento dei fondali cambierà fisionomia allo scalo marittimo. Se siamo all’altezza di poter affrontare la sfida della transizione energetica e dell’economia circolare posta dal new green deal europeo sarà solo grazie al patrimonio di competenze e di saperi che abbiamo all’interno della filiera energetica del sistema Italia.

I passaggi per realizzare questa vocazione green sono, oltre a una rinnovata attività di estrazione di gas naturale per dare sostanza, insieme alle rinnovabili, al mix della transizione energetica, la riduzione della capacità produttiva di alcune attività impattanti e la riconversione di parte dei siti in aree destinate al trattamento e al riciclo dei rifiuti di eccellenza attraverso l’impiego delle tecnologie più avanzate in materia di trattamento e recupero delle frazioni dei rifiuti. Esiste poi l’opportunità di creare un Polo impiantistico del nord-est specializzato nel recupero di materia utile al settore industriale locale (es. rottami) ma anche di quei materiali che nei prossimi 10 anni aumenteranno di volume e necessiteranno di impiantistica dedicata quali batterie, pannelli fotovoltaici, pneumatici usati, smaltimento fanghi, terre rare. Infine, esiste la potenzialità di dare vita a un distretto per l’implementazione, lo sviluppo e la manutenzione dei campi eolici che potrebbero essere realizzati nell’area adriatica e una filiera della vetroresina degli scafi dismessi, oggi abbandonati ovunque o affondati nel Mediterraneo.

Esistono le condizioni per un rinascimento in chiave green dell’economia e in Emilia-Romagna esistono già le condizioni e le imprese per attuarlo: Eni, l’impiantistica di Hera spa, Marcegaglia e le molte aziende che operano nel campo dell’energia e della chimica di base. Un solo esempio: Hera è impegnata da anni nell’attività di recupero e riciclo di materiali con risultati di anno in anno sempre più apprezzabili: nello stabilimento di Sant’Agata bolognese, per esempio, produce 20mila tonnellate di fertilizzante naturale e 7,5 milioni di metri cubi di biometano, mentre il recupero di ingombranti nel 2016 è stato di 751 tonnellate.

Ancora una volta, bisogna procedere senza indecisioni e in fretta, cogliendo forse una delle poche opportunità che l’emergenza sanitaria, fra tanti drammi, ci ha riservato. È uno stimolo di responsabilità che vale per tutti i territori del Paese. E per quanto riguarda quello che rappresento in consiglio regionale, è il momento di puntare su una visione di sistema che utilizzi i fondi del green new deal grazie a una cabina di regia che metta insieme governo, le aziende partecipate dello Stato Eni, Enel, Fincantieri, Cassa depositi e prestiti, le multiutility, Regione Emilia-Romagna e Comune di Ravenna.