di Gianni Bessi

Pubblicato su Start Magazine del 20 Agosto 2018

 

L’analisi di Gianni Bessi dopo l’incontro a Berlino fra Putin e Merkel

Non ha riservato novità clamorose il summit di sabato fra Angela Merkel e il presidente russo Putin. Una delle poche cose certe è che la cancelliera ha compreso ogni parola pronunciata dal suo ospite e senza dovere ricorrere all’interprete, grazie al tedesco fluente esibito ancora una volta da Vladimir, frutto della sua lunga permanenza in Germania come agente del Kbg.

La sede scelta per l’ennesimo incontro tra i due leader è caduta sul castello di Meseberg, l’accogliente guesthouse del governo federale tedesco situata appena fuori Berlino: a differenza dell’incontro del maggio scorso a Sochi  questa volta non c’è stato bisogno di immaginare d’essere una mosca sul murodella stanza dove i due potenti si sono incontrati, perché House of gas si trovava già nella bellissima capitale dell’Unione Europea…pardon della Germania, per una vacanza nella quale respirare aria di modernità e incontrare gli amici berlinesi.

Come previsto, gli argomenti di cui Merkel e Putin hanno parlato si sono rivelati abbastanza “spremuti”, come confermano le voci di corridoio del Bundestag e le dichiarazioni diplomatiche di circostanza al termine del vertice. Merkel ha confermato l’importanza del gasdotto Nord Stream 2 che una volta completatopermetterebbe di raddoppiare il flusso di gas che già viene pompato direttamente dalla Russia alla Germania attraverso Nord Stream 1. Ed è già in programma l’inizio della posa dei tubi nel Mar Baltico da parte della nave Pioneering Spirit della società svizzero-olandese Allseas. Le questioni ancora aperte che riguardano il suo passaggio nelle acque danesi le risolverà la diplomazia politico, economica e commerciale tedesca grazie alla comune “etica protestante” e definendo un accordo coerente con “lo spirito del capitalismo”.

Dal canto suo Putin ha voluto precisare che il Nord Stream 2 è un progetto esclusivamente economico progettato per ridurre al minimo il rischio di transito per le esigenze crescenti di oro azzurro della Germania. Non c’entra la politica, quindi, e il problema Ucraina: non ha escluso di continuare a trasferire il gas usando la pipeline che ne attraversa il territorio.

Filtra poco sui temi critici come l’ipotesi di Putin per un referendum popolare nella regione ucraina del Donbass o il ruolo delle aziende tedesche nella ricostruzione della Siria.

Cosa rimane da raccontare, quindi? La storia del rapporto tra “das Mädchen” e “Zar Vlad”, che si è consolidato durante i lunghi anni dei tre mandati del cancelliere e dei quattro del presidente russo. Il loro rapporto, nonostante la freddezza delle dichiarazioni e consapevoli dell’azzardo, comincia a ricordare quello franco-tedesco tra il Cancelliere Helmut Kohl e il Presidente François Mitterrand, nella fase storica della caduta del muro di Berlino e della costruzione della nuova Europa. O una riedizione dell’Ostpolitik del cancelliere dell’allora Germania ovest Willy Brandt.

La relazione che non avrà la stessa intensità emotiva che sprigionavano gli incontri tra “Birne” e “le Fiorentin” immortalata nell’epica foto dei due statisti mano nella mano durante la Marsigliese a Verdun, ma il “dialogo permanente” fra i leader di Mosca e Berlino sui “legami commerciali bilaterali” o sui “grandi progetti commerciali internazionali”, fa pensare che sia in essere un piano che favorisca la saldatura economica  euroasiatica con Germania e Russia come perni. In parole povere, la pianificazione della “GeRussia”; visione geopolitica ben descritta dal libro di Salvatore Santangelo.

Forse è questo che preoccupa gli Stati Uniti di Donald Trump?Durante l’incontro Nato a Bruxelles il presidente americano aveva commentato l’incontro definendo la Germania «totalmente controllata dalla Russia». Rimarcando successivamente come non fosse affatto sicuro che «l’ampliamento del gasdotto Nord Stream sia nell’interesse della Germania». La pianificazione di un nuovo soggetto politico preoccupa la Casa Bianca: non fosse altro perché, come insegna un gigante della storia quale Winston Churchill, il cui busto The Donald ha ricollocato nello studio Ovale, in politica o in guerra, la pianificazione è tutto».