Pubblicato su Startmagazine.it il 4 dicembre 2019

Il post di Filippo Onoranti

A Dante Alighieri, nella veste di primo geopolitico italiano oltre che maestro della lingua, è stata dedicata la serata conclusiva della scuola Sottosopra. Giunta alla sua terza edizione, quest’anno gli oltre 30 studenti hanno potuto confrontarsi con il tema “le parole del potere”. Relatore d’eccezione per la lectio magistralis che ha preceduto la cerimonia dei diplomi è stato il regista, drammaturgo e fondatore del Teatro delle Albe Marco Martinelli.

L’impegno politico è stato l’elemento che ha dato il via a questo viaggio – fortemente voluto dal direttore Gianni Bessi – sulle orme di Dante. Si parte dalla Non Scuola di Teatro, con cui il nostro “Virgilio” Martinelli ha esplorato molti angoli del mondo. E quello che lo soprende, e che ci offre, sono il suo stupore e le sue speranze nello scoprire come Nairobi (dove il progetto di Martinelli insieme ai bambini di Kibera e voluto dalla fondazione Avsi gli è valso il premio per il volontariato nel 2018) non sia poi tanto lontana da Scampia; come le ragazze con gli occhi pesti per le botte sentano vicine le parole di Francesca nel quinto canto; quanto oggi come nel ‘300 avarizia, invidia e superbia – dette in swahili o in napoletano – siano considerate le scintille del malcostume politico. È allora con Dante che si torna a scuola, o meglio alla Non Scuola.

Un’occasione di incontro ancora una volta sottosopra, dove si sta se lo si desidera, dove non ci sono obblighi a parte il rispetto dell’altro e della parola data. Un patto che i ragazzi stringono tra loro e con il teatro, uscendo da loro stessi, dai loro confini e dalle proprie abitudini, per scoprire e mettere in scena l’altro da sè. Raccolgono così la lezione che Dante affida alle parole dei dannati nel 32esimo, dove sono puniti i traditori che domandano con meraviglia al poeta: “perché cotanto in noi ti specchi?”.

Accettano così di abbandonare i loro discorsi consueti e di prestare la voce a parole e pensieri nuovi, e – racconta Martinelli – non mancano occasioni di scontro, anche violento, prima che il riconoscimento, come un incantesimo, sortisca i suoi effetti. Diventare grandi con Dante significa anche questo: farsi carico del conflitto e sostenerlo senza sfogare gli istinti, ma servirsene, incanalandone le energie e facendo di quel fuoco una forgia. La bellezza della poesia incanta la platea. La cultura ha il potere di dissolvere il tempo, e creare una dimensione di reale comunità. La cultura ha bisogno di pensieri, e non si può pensare oltre le parole di cui si dispone. Il sindaco Michele de Pascale, che ci ha raggiunti per la cerimonia di consegna dei diplomi, vuole porre l’accento proprio su questo aspetto. Condivide con noi i racconti, che tra poco solo i libri di storia potranno offrire, dei testimoni e più ancora degli autori della ricostruzione dopo la guerra. Il loro motto era: “prima le fabbriche e poi le case”. A questo – aggiunge de Pascale – “oggi sappiamo di dover aggiungere le scuole, perché senza lavoro non c’è dignità, ma senza cultura non c’è speranza”.