Pubblicato su Startmagazine.it il 1 febbraio 2020

L’idea di Gianni Bessi, autore del libro “Gas naturale. L’energia di domani” (Innovative Publishing), su Sugar tax e crisi della frutticultura

Il 2019 è stato un annus horribilis per l’agricoltura – uno dei tanti, a dire il vero, in particolare per la frutticultura – perché sul settore si sono scatenate contemporaneamente sia delle sciagure naturali sia delle decisioni politiche, che hanno minato la pazienza degli imprenditori. Da qui sono nate proteste, come quella dei 4mila agricoltori che si sono dati appuntamento a Ferrara per denunciare il flagello della cimice asiatica.

La preoccupazione della filiera agroalimentare è aggravata dall’introduzione con la manovra finanziaria 2020 della sugar tax e della plastic tax. Va detto che il ministro Gualtieri ha già ‘ammorbidito’ l’impatto che le due imposte avranno sull’economia, ma ritengo che resta il difetto stia nel modo in cui sono state concepite. Ogni protesta ha sempre due aspetti, la contestazione e la richiesta di risposte che, a pur essendo urgenti, si fanno attendere. Una caratteristica del genere umano, e specialmente di noi italiani, è sapere trasformare emergenze o crisi in opportunità. Ma sapremo utilizzare questa crisi per fare nascere nuove risposte e opportunità per il nostro settore primario?

In una intervista pubblicata proprio qui su Startmag avevo toccato alcune idee che aiuterebbero ad alleviare – solo in parte ovviamente – il disagio attuale: penso sia il caso di riproporle qui in modo più approfondito. Una per tutte: per contrastare sia gli effetti negativi della sugar tax e sia la crisi della frutticultura si potrebbe abbassare dal 22 al 10 per cento l’Iva sui nettari di frutta che contengo almeno il 70 % di frutta. È ovviamente un idea da sviluppare e articolare nelle sedi competenti. Le recenti proteste degli agricoltori a Ferrara sulla cimice asiatica mi hanno convinto ancora di più che un provvedimento simile non solo possa rendere ‘virtuosa’ la sugar tax ma sia anche una risposta al danni provocati dal parassita. Questo perché l’industria agroalimentare di trasformazione può utilizzare per la produzione di nettari anche la frutta danneggiata dalla cimice.

L’obiettivo è incentivare l’utilizzo di frutta made in Italy per produrre zucchero, proponendo ai consumatori un alimento più sano e, cosa non secondaria, sterilizzando quella sugar tax che il governo, ripeto, ha comunque alleggerito rispetto alla prima formulazione, ma che è comunque un peso per il settore. In sostanza, proponendo ai consumatori prodotti con più zucchero derivato dalla frutta, si potrebbe pianificare un aumento della produzione destinata alla trasformazione industriale. Le campagne di pesche e albicocche partono a maggio, quindi il tempo stringe per la programmazione o per interventi urgenti.

Con questo non voglio criticare l’idea che sta dietro la sugar tax, perché è dimostrato che consumiamo quantità eccessive di zucchero ed è, soprattutto nei bambini, un’abitudine da modificare. E la profilassi alimentare è un’azione di prevenzione che impatta sulle patologie derivanti all’abuso di diete ricche di zuccheri e sui costi sanitari da sostenere successivamente, che sono enormi .

E mi astengo anche dal giudicare un’incoerenza della legge, quella per cui si tassano le bevande ma non i prodotti alimentari solidi che contengono zucchero perché capisco che si debba iniziare da qualche parte. Ma lo zucchero è anche un elemento indispensabile per il funzionamento corretto del nostro corpo, quindi non va eliminato ma assunto nelle proporzioni corrette.
È quello che diverse aziende stanno facendo da qualche anno proponendo ai clienti prodotti con ingredienti diversi per andare nella direzione di un netta riduzione negli zuccheri aggiunti ai nettari. La controindicazione è puramente economica, perché questi prodotti hanno un costo maggiore e quindi si fatica a farli accettare ai consumatori.

Ritengo che una modifica alla legge la renderebbe molto più efficace e meno impattante sui redditi degli agricoltori: basterebbe non tassare il produttore bensì il prodotto, aumentando l’Iva per i prodotti con zucchero aggiunto e con un contenuto di frutta inferiore al 30 per cento, riducendo allo stesso tempo l’Iva dei prodotti che contengono frutta oltre il 70 per cento (ma sulle percentuali ci si può ragionare).
In questo modo si sarebbero ottenuti due risultati virtuosi: disincentivare il consumo di zucchero e allo stesso tempo incentivare l’uso della frutta per i nettari con zucchero, che è quasi esclusivamente italiana.

Tassando il produttore invece si creano ben tre possibili effetti negativi. Il primo di tipo economico, perché non è certo che il costo possa essere trasferito tutto sul consumatore, in special modo per i prodotti non di marca riconosciuta. Il tutto potrebbe avere un impatto negativo di milioni di euro all’anno, come è emerso dagli incontri che ho avuto con imprese o cooperative della mia regione.

Inoltre si prospetta un impatto finanziario, perché la tassa va pagata dopo 30 giorni dalla vendita mentre i clienti la possono pagare a 60 giorni e questo sempre ammesso che si riesca a convincerli ad aumentare i listini. Infine esiste un effetto organizzativo perché con questa tassa le imprese dovranno introdurre una nuova gestione dell’Iva. Insomma, una burocrazia aggiuntiva e ulteriori ore uomo spese per la gestione.

Questa in sostanza la mia proposta, che è una delle molte ipotizzabili per sostenere il settore agricolo alle prese con una situazione di estrema difficoltà, che ho elaborato confrontandomi con le aziende. Il provvedimento non avrebbe come effetto di fare tornare Coca Cola sui passi nel caso decida di chiudere le attività di produzione in Italia ma almeno si salvano le filiere italiane della frutta facendo da stimolo alle vendite attraverso la riduzione delle aliquote Iva.

C’è poi una riflessione conclusiva più generale: il settore agricolo si sta mobilitando non solo in Italia ma in tutta Europa, vedi Francia o Germania: gli agricoltori tedeschi per esempio sono in lotta con il governo per la nuova legge sull’utilizzo dei fertilizzanti. Perché allora non anticipare le cose in Italia? Costruiamo un patto sociale agricolo che coinvolga tutto il settore, che riequilibri e difenda la reputazione dell’agricoltura contro le delegittimazioni (per esempio per l’utilizzo di necessari trattamenti dei prodotti dei fitofarmaci) e difenda il reddito dalle distorsioni del mercato a da posizioni dominanti.